Nel parlar di natura umana, si dà per scontata la presenza di qualcosa che rende l'uomo, femmina e maschio, diverso da chi uomo non è, ovvero da chi non è provvisto di natura umana. Dal punto di vista morfologico, si direbbe che qualcosa - per quanto non facile da classificare - ci sia. Ma da altri punti di vista colui che indaga on the human nature deve ammettere di non capirci un'acca, se non altro perché l'uomo è la sola creatura in grado di modificare a volontà la propria natura.
Da qui a dire che la natura umana non esiste, il passo è breve.
Abbiamo detto "a volontà", quindi senza coercizione esterna.* In altre parole, il pensiero (convincimento, credenza, ecc.) può cambiare la realtà, il che è un modo come un altro per affermare che la pretesa realtà esiste solo come visione (per lo più - ma non sempre - socialmente condivisa) della realtà.

* Coercizione dichiarata, s'intende. Ma la volontà può venir influenzata - e perciò modificata a sua volta - da una coercizione sottile, melliflua, accattivante, indirizzata cioè agli strati più suggestionabili sia della collettività che del singolo, da una coercizione insomma tanto più insidiosa quanto più non dichiaratamente coercitiva (o dichiaratamente non coercitiva). Circa gli strati suddetti, che fino ad ieri s'usava definire sbrigativamente inferiori e che oggi vengono osannati, sembra superfluo tentarne un elenco.

A proposito di human [nature] e di homo (vuoi sapiens, vuoi insipiens), concetti dei quali lo filosofo honesto confessa di non capire un'acca, ma di cui gli è chiara la malleabilità, a quest'ultimo scopo le tre H seguenti sembrano indispensabili: la prima, terra terra, è lo humus "che non disìa d’esser più superno", seconda è la humiltade "che fa volerne solo quel ch’avemo" e terza, eterea, è lo humour "che fa in Sua volontade nostra pace".