La tavola pitagorica, abaco o tabellina che fosse, Severino Boezio o Vittorio d'Aquitania che ne fosse l'autore, m'ha sempre attratto. È una bella impresa raffigurare spazialmente, mediante i due assi cartesiani (ascisse longitudinali e ordinate latitudinali), il tempo. Come detto meglio altrove, se l'udito è correlato al tempo, nei confronti della tradizione orale noi moderni siamo sordi. Ci rimane la vista, certo; meglio monocoli che ciechi. La tradizione, sicché, può operarsi [quasi] solo per iscritto.
Incolonnando verticalmente
o infilando orizzontalmente numeri e lettere ci serviamo - per esempio - di Word o di Excel.* Le difficoltà sopravvengono quando scriviamo in caratteri semitici, cioè da destra verso sinistra, come in arabo o in ebraico, o in senso bustrofedico. Quest'ultimo - ben trattato nella Wikipedia - è davvero singolare, nel suo ripetere l'andamento dei buoi aggiogati all'aratro, procedendo cioè fino al margine del foglio e poi «dietrofront-avantimarsc» dal basso verso l'alto e viceversa o da destra verso sinistra e viceversa. Difficoltà, dicevamo, relativamente solubili nel primo caso. Insolubili nel secondo, se non rinunciando a tali eccentricità.

* Per la verità cominciai con Lotus 123, per fermarmi ad Excel 4. Uso ancora questo, come peraltro Word 2. Quanto al sistema operativo, sorvolando l'isola felice di Linux, resta insuperato - secondo me - Windows 95 (versione B) e tuttora non mi avventuro oltre XP. Mi concedo questa noterella autobiografica non perché pensi che la mia esperienza personale rivesta qualche interesse, ma per segnalare quella che sembra un'autentica perversione, cioè la manìa moderna di privilegiare il nuovo. Un minimo di buon senso permette di pensare che qualsiasi innovazione, prima d'esser messa alla prova, sia sospetta, quanto meno a fronte delle concorrenti già collaudate. Oggi invece, per evidenti scopi commerciali (e per tacer d'altro), qualsiasi «prodotto» - dal cellulare alla bevanda e dalla terapia alla religione - 'nuovo', solo per ciò è migliore del precedente. Poco male, si dirà, finché un attrezzo serve ad ingannare il tempo; ma si può dire altrettanto, quando gli si affida (come nel caso della F1 o degli F35) la propria esistenza? Per riandare a Windows (ed all'inutilità pubblica delle presenti osservazioni, riservate a qualche amico), è bene precisare che non mi servo delle release più aggiornate un po' per pigrizia e un po' per tirchieria. Pigrizia perché, una volta automatizzate le «scorciatoie da tastiera» di un software (tipo Opera, browser oggi defunto), non ho alcuna voglia di reimpararle ogni volta daccapo. Tirchieria perché l'hardware di cui sono in possesso, ancora in perfetta efficienza, non è utilizzabile con i nuovi OS. Perché buttarlo? Infine, ancora su Opera, va aggiunto che la medesima dispone di varie attrattive non reperibili altrove, come la possibilità di commutare - pigiando solo due tasti - le visualizzazioni 'autore' ed 'utente', quest'ultima indispensabile al fotopatico che scrive.

Eppure l'andamento a ritroso aveva un senso, perché la grafia standardizzata che usiamo oggi (pur nei suoi indiscutibili vantaggi) ci porta a pensare lineare anche il tempo. Invece il compilare una tabella o l'incidere una stele in senso bustrofedico può suggerirne la visione ciclica: a fine riga, o a fine colonna, la mano non riparte ogni volta daccapo.
Ne è prova il lessico, che - come osservato più volte qua e là - è costretto ad omologare termini dal significato differente, se non opposto, perché riferentesi insieme al tempo ed allo spazio. Nella tabella seguente, ad esempio, la prima cella [in alto, a sinistra] precede la seconda.* Ciò significa che questa segue quella, ovvero che questa è successiva a quella, vale a dire che questa ha quella alle spalle. Ma chi segue qualcuno non può avere quest'ultimo alle spalle.


   AMOR  
   ROMA  
ROMA AMOR

* E qual è la seconda, quella sotto la prima o quella accanto? A voler essere precisi, si dovrebbe specificare ogni volta. La scrittura bustrofedica, apparentemente farraginosa, precisava invece subito il senso (o la direzione) di lettura, grazie ad un'opportuna rotazione della grafia delle lettere.

L'incongruenza è dovuta, giocoforza, alla sovrapposizione spazio-temporale: un figlio ti segue nel tempo; un poliziotto, nello spazio. Il figlio lo hai davanti, il poliziotto - tocchiamo ferro - di dietro (a meno che non ci si comporti bustrofedicamente così). Altre implicazioni di un certo rilievo sono presentate qui. E un appunto astrologico è qui.

oOo

A proposito di tempo ciclico, anziché lineare, va ancora detto che il nostro modo di scrivere (da sinistra verso destra, riga dopo riga) sembra fatto apposta per insinuare l'idea di un progresso continuo, ovviamente a destra. Meglio ancora, in alto e a destra (in direzione delle ore quattordici, cioè, quando la luce ed il calore del sole sono al culmine).
Non è incidentale, al riguardo, l'assoluta uniformità di tutte le prove scientifiche dell'evoluzione, finora consistenti in disegni, che invariabilmente raffigurano la scimmia a sinistra e l'uomo a destra. Un andamento in senso inverso mette a disagio, anche se si è mancini.

Purtroppo per noi - e la scrittura bustrofedica ce lo ricorda - le cose non vanno sempre avanti a destra. Il tempo è ciclico (spiraliforme, per l'esattezza, in quanto ogni giro non è identico al precedente), come l'ombra dello gnomone. E ciclico non solo in avanti, ma anche all'indietro: senza tirare in ballo rotazioni e rivoluzioni terrestri, basterà dire che nell'oroscopo il sole procede in senso orario nell'arco del giorno ed in senso antiorario nell'arco dell'anno.