Visto che ieri abbiamo fatto ingiustamente arrossire un porporato, precisiamo, sperando che ci venga perdonata la leggerezza, che il dipinto era un falso. O meglio, che era la sovrapposizione - operata con rara maestrìa - di due veri (l'uno - vedi - di Georges Croegaert e l'altro - vedi - di John William Godward).
Ora, se due negazioni affermano, due affermazioni negano?
E una doppia verità non è che falsità?
All'homo religiosus queste domande non dànno alcun fastidio, perché sa che "Dio ne sa di più" (Allahu a’lam). Del resto, come è indubitabile che il sole sia fermo e che la terra giri, altrettanto indubitabile è che uno abbia bevuto un po' troppo, se vede la terra girare.

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Purtroppo è sempre vero anche il contrario, perché accadono strane cose in questo mondo.
Per esempio, la frenesia del cambiamento a tutti i costi (dal sistema operativo alla norma legislativa, dalla moda al partner, insomma dal nuovo di ieri al nuovo d'oggi), palesemente incoraggiata a scopo dissacratorio nei confronti di ciò che di tradizionale ancora sopravvive, non è forse d'aiuto all'atteggiamento specifico del credente, cioè alla disaffezione, se non al disgusto?
Parliamo di disaffezione verso il transeunte, ovvero del contemptus mundi o della fuga saeculi di memoria classica, beninteso, perché nulla è più alieno all'animo del credente della disaffezione verso il prossimo, amico o nemico, più piccolo o più grande di che tale prossimo di volta in volta sia.* Il distacco dalle vecchie abitudini (sia pure quella dell'uso di una scorciatoia da tastiera che non funziona più, nella nuova release di un software) è in qualche modo un prepararsi alla morte.


* L'atarassia dello stoico, come l'imperturbabilità del buddista, non esclude la compassione verso le creature. Compassione, cioè condivisione della sofferenza altrui (ed ovvia minimizzazione della propria). A questo riguardo (neminem laedere o ama il tuo prossimo come te stesso, as you like) andrebbe sottolineata un'ulteriore conferma dell'assioma tradizionale relativo alla compresenza di due verità, l'una affermante la bontà della solitudine (beata solitudo = sola beatitudo), l'altra circoscrivente le possibilità di salvezza nell'ambito esclusivo della carità (Deus caritas est).

Due affermazioni negano, certo. Ciascuna dal suo punto di vista. Donde l'ineffabilità dell'Essere, tradizionalmente raffigurato al centro (il mozzo, la cavità centrale) della ruota i cui raggi simboleggiano i molteplici punti di vista umani. DefinirLo uno e trino non è più contraddittorio del pensarLo maschio e femmina. Eppure lo è, uno e trino, maschio e femmina, primo ed ultimo (Al-Awwal e Al-Akhir), manifesto ed occulto (Adh-Dhahir e Al-Batin), Al-Qâbid ("che chiude la mano") e Al-Bâsit ("che apre la mano"), Al-Khâfid ("che abbassa") e Ar-Râfi’ ("che innalza"), At-Tawab ("che perdona") e Al-Muntaqim ("che non perdona") e così via, lungo ogni coppia di opposti e di contrarii pensabili nel tempo e nello spazio.*
Ma la Verità ovviamente è una ed una sola, che tutto cioè accade secondo la Sua volontà. Ed anche questo mondo, che a non pochi di noi (me compreso) sembra andare in malora ogni giorno di più, va dove e come vuole Dio. E perfino lo scemo di turno, vuoi quello che tenta di cambiarlo, il mondo, vuoi quello che tenta di fermarlo, fa - suo malgrado - esattamente quel che Dio (Al-Jabbâr, "Colui che costringe") vuole. Con bella umiltà, gli antichi dicevano che «l'uomo propone e Dio dispone».


* Poiché il tempo corrisponde all'udito e lo spazio alla vista, citiamo ancora due dei "99 bellissimi nomi di Dio": Al-Basîr ("Colui che [tutto] ascolta") e As-Sami’ ("Colui che [tutto] vede").