Essendo xylon, in greco, "legno", senza alcuna pretesa etimologica si può notare come il «siluro» di qualsiasi germoglio, dal bambù al noce, sia letteralmente una perifrastica attiva, ossia “ciò che sta per diventare legno”. Dovrebbe perciò chiamarsi «silurgia» (o «xilurgia», come appunto in greco) l’arte di lavorare il legno, arte però fino ad ieri dalle applicazioni così disparate da aver fatto del falegname specifico un poliedrico carpentiere. Tale termine (dal latino carpentarius) si applicava infatti non solo al costruttore di carpenta (ovvero di quodlibet vehiculum, carro, carrozza o carretta che fosse), cioè al nostro carradore, ma sia al faber lignarius vero e proprio che all’artiere in pietra, ferro e rame di cui si parla nel Secondo libro di Samuele (V, 11) e nel Primo libro delle Cronache (XIV, 1).
Gli strumenti relativi vengono menzionati nel Primo libro di Samuele (XIII, 19-20), in Giudici (IV, 21 [dove è descritta una prassi alternativa a quella di Giuditta]) ed Isaia (X, 15 e XLIV, 12-14). Né va trascurato l’appellativo di Gesù in Matteo (XIII, 55) e Marco (VI, 3).
Con qualche pretesa etimologica, invece, osserviamo che, come dal celtico karron provengono l’inglese e francese car, il tedesco karren (“carrozza”, che non coincide con wagen) e l’italiano, spagnolo e portoghese carro, così dal carpentarius latino derivano il nostro carpentiere, il carpenter inglese, lo charpentier francese, il carpintero spagnolo ed il carpinteiro portoghese.