Tempo fa si parlava dello scadimento qualitativo (inevitabile contraltare dell'accrescimento quantitativo) del tipo umano attuale, scadimento non solo irreversibile, ma in frenetica accelerazione. Al riguardo, ci è parso notevole un post del blog Io non sto con Oriana (dedicato a "chi ne ha le tasche piene, di ‘libertà’, di ‘sicurezza’ e di ‘occidente’").
Chi parla è un "letterato persiano" dei primi anni del '900.
«Le esigenze della civiltà contemporanea hanno generato un’altra forma molto specifica di letteratura, che viene chiamata ‘giornalismo’. Non posso passare sotto silenzio questa nuova forma letteraria, perché, a parte il fatto che non porta assolutamente nulla di buono per lo sviluppo dell’intelligenza, essa è diventata, a mio avviso, il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza funesta sui rapporti umani. Questo genere di letteratura si è molto diffuso negli ultimi tempi perché - ne sono fermamente convinto - esso corrisponde meglio di ogni altro alle debolezze e alle esigenze determinate negli uomini dalla loro crescente mancanza di volontà. Finisce così per atrofizzare la loro ultima possibilità di acquisire i dati che permettevano loro, finora, di prendere più o meno cura della loro reale individualità, unico mezzo per raggiungere il ricordo di sé, a sua volta fattore assolutamente indispensabile per il processo di perfezionamento di sé.
Inoltre questa letteratura quotidiana, priva di princìpi, isola completamente il pensiero degli uomini dalla loro individualità, di modo che la coscienza morale, che di tanto in tanto ancora appariva in loro, adesso ha cessato di partecipare al loro pensiero. E sono ormai privati dei dati che fino a quel momento avevano assicurato loro un’esistenza più o meno sopportabile, non fosse che nel campo dei rapporti personali. Per sfortuna di noi tutti questo genere di letteratura, che invade ogni anno di più la vita quotidiana degli uomini, fa subire alla loro intelligenza, già molto indebolita, un indebolimento ulteriore, consegnandola inerme a ogni genere di inganni e di errori; essa li mette fuori strada a ogni passo, li distoglie da qualsiasi modo di pensare più o meno fondato e, invece di un giudizio sano, stimola e fissa in loro alcune tendenze indegne, quali incredulità, ribellione, paura, falso pudore, dissimulazione, orgoglio e così via. [...] Il pubblico non sa mai chi è che scrive. Conosce soltanto il giornale, il quale appartiene a un gruppo di esperti commercianti. Che cosa sanno esattamente coloro che scrivono su quei giornali, e che cosa succede dietro le quinte della redazione? Il lettore lo ignora completamente. Perciò prende per oro colato tutto ciò che trova sui giornali. Su questo argomento, la mia convinzione si è andata rafforzando in questi ultimi tempi, è diventata salda come roccia e ogni uomo capace di pensare in modo più o meno imparziale può fare la stessa constatazione: coloro che cercano di svilupparsi con i mezzi loro offerti dalla civiltà contemporanea, al massimo riescono ad acquistare una facoltà di pensare degna della prima invenzione di Edison.
[...] I rappresentanti della civiltà contemporanea, trovandosi a un grado di sviluppo morale e psichico molto inferiore, sono come bambini che giocano col fuoco, incapaci di misurare la forza con la quale si esercita l’influenza della letteratura sulla massa. [...] Ho imparato a conoscere molto bene lo psichismo di questi prodotti della civiltà contemporanea che sommergono con le loro elucubrazioni quei giornali e quelle riviste, e ho potuto valutare il loro essere perché, per tre o quattro mesi, ho avuto occasione di stare al loro fianco, ogni giorno, nella città di Baku, e di avere con loro frequenti conversazioni. [...] Per la maggior parte erano ancora giovanissimi, delicati ed effeminati. In alcuni, i lineamenti del viso rivelavano che i loro genitori probabilmente si erano dedicati all’alcool o ad altre passioni per mancanza di volontà; [in altri], che i proprietari di quei visi si abbandonavano di nascosto a cattive abitudini. Benché Baku sia una piccola città, se la si confronta con la maggior parte delle grandi città della civiltà contemporanea, e benché i campioni di umanità che si riunivano laggiù fossero tutt’al più “uccelli che volano bassi”, non mi faccio scrupolo alcuno a generalizzare, mettendo tutti i loro colleghi nello stesso sacco. E sento di averne il diritto perché più tardi, durante i miei viaggi in Europa, ho spesso incontrato rappresentanti di questa letteratura contemporanea, che mi hanno fatto sempre la stessa impressione: quella di somigliarsi tutti come gocce d’acqua. Erano diversi soltanto per il loro grado di importanza, che dipendeva dall’organo letterario al quale essi collaboravano, cioè dalla fama e dalla diffusione del giornale o della rivista che pubblicava le loro elucubrazioni, o ancora dalla solidità della ditta commerciale alla quale apparteneva quest’organo, con tutti i suoi operaii letterari.
[...] Il lettore ingenuo, che non vede gli scrittori e non conosce il loro modo di vivere, si fa un’opinione sugli avvenimenti e sulle idee secondo i vaneggiamenti di questi letterati da strapazzo, che non sono né più né meno che uomini malati e privi di esperienza, che ignorano completamente il vero significato della vita. [...] Peraltro sono profondamente stupito che nessun ‘detentore di potere’ se ne sia mai accorto, e che ogni Stato consacri quasi più di metà del proprio bilancio al mantenimento della polizia, delle carceri, dei municipi, delle chiese, degli ospedali, ecc., e che paghi innumerevoli funzionari, preti, medici, agenti della polizia segreta, procuratori, agenti per la propaganda, ecc., tutto ciò con l’unico scopo di salvaguardare l’integrità fisica e morale dei suoi cittadini, senza spendere un solo centesimo né intraprendere una qualsiasi azione per distruggere fino alle radici questa causa evidente di ogni genere di crimini e di malintesi».
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Per nostra fortuna, nella Sua infinita pietà, il Signore non ha voluto farci valutare appieno la nostra abiezione e, vuoi grazie al calo della memoria, vuoi grazie allo sviluppo della presunzione (che sembra il solo dato obiettivo di crescita, nel progresso), ci permette di pensarci superiori agli antichi.
Così conclude infatti il responsabile del blog sopra citato la sua introduzione al brano di cui abbiamo presentato un breve stralcio: "Lasciamo al lettore il compito di trarre conclusioni, ferma restando l'ingenuità dell'autore originale, secondo il quale tra giornalismo e 'detentori di potere' esisterebbe competizione".
Ora, sebbene in una società rigidamente gerarchica «competizione» sia un termine poco idoneo, a meno che non lo si intenda etimologicamente, nel senso di "direzione comune [verso un solo obiettivo]", bisogna pur dire che questa - in quest'ultima accezione - c'era, nei bei tempi andati, i letterati essendo subordinati ad una regalità legittimata dall'alto, anziché dal basso (dal sacro, anziché dal profano; da Dio, anziché da Satana). Più che ingenuo, quindi, il "letterato persiano" si mostra poco lungimirante, perché è proprio nella sua epoca che crollano le ultime vestigia dello stato tradizionale (impersonato per lui dal califfo e, per noi, fino a qualche secolo fa, dall'imperatore sacro e romano).
In effetti, gli si può rimproverare solo il non aver capito che i moderni 'detentori di potere' non hanno alcunché da spartire con i loro predecessori. A conferma di ciò, nel medesimo brano si legge che «le élite delle civiltà di un tempo non avrebbero mai permesso che una simile anomalia continuasse così a lungo». E continua: "Ciò che dico d’altronde può venire confermato da informazioni che ci sono giunte circa l’interesse che provavano per la letteratura quotidiana i dirigenti del nostro paese, non tanto tempo fa, nell’epoca in cui eravamo fra le grandi potenze, nell’epoca cioè in cui Babilonia ci apparteneva ed era l’unico centro di cultura universalmente riconosciuto. Secondo queste informazioni, anche laggiù esisteva una stampa quotidiana, sotto forma di papiri stampati, in quantità limitata, naturalmente. Ma a questi organi letterari potevano collaborare soltanto uomini di una certa età, che fossero qualificati, conosciuti da tutti per i loro sicuri meriti e la loro vita onesta. Esisteva perfino una regola secondo la quale questi uomini venivano ammessi ad adempiere alla loro carica soltanto dopo avere prestato giuramento".
Per finire, se è vero che anche i più biechi 'detentori di potere' hanno qualche interesse a salvaguardare la salute psichica dei propri sudditi, non foss'altro che ad usum delphini,* ci si può chiedere quale sia lo scopo finale di quelli odierni, impegnati solo nell'istupidimento collettivo. Ma costoro ci pensano, al futuro? Chissà. Certo è che mostrano un tale odio verso il genere umano da far pensare che non ne facciano parte.
* Delfino che può rivelarsi «trota», come ammette - con non poca autoironia - un brillante politico di casa nostra. A proposito di generazioni, bisogna dire che la stupidità moderna esalta la scarsa o nulla riproduttività, sia preventiva (pillola, ecc.) che successiva (aborto), senza rendersi conto della selezione alla rovescia che in tal modo si attua. Più numerosa è la prole, vogliamo dire, maggiori sono le possibilità che almeno uno dei suoi componenti raggiunga l'eccellenza. In questo senso il politico di cui sopra, Umberto Bossi, stanti i suoi quattro figli, non è affatto criticabile. Idem George Soros, con cinque (e ben tre mogli). La Wikipedia è utile anche per notizie del genere.