Incoraggiati da Fulcanelli, il quale assicura che «il saggio trova la Verità anche nel letame, mentre lo stolto non la cerca neppure nell'oro», soffermiamoci sul trio consonantico KPR. Ne traggono origine Cipro e pertanto Venere ('cipride' o 'ciprigna', più o meno incipriata che sia), il rame (kýpros, donde il latino cuprum e tutte le cavità connesse al cup inglese) e - per nostra disgrazia - anche kòpros, lo sporco, il lurido, l'inverecondo, il diavolo.
Erano tempi migliori, quelli di un medioevo che permetteva di esorcizzare il diavolo con un semplice gesto, così, alla buona, in casa come in chiesa. «Notre Dame de Paris - continua Fulcanelli, ne Il mistero delle cattedrali - possedeva un geroglifico simile, che si trovava sotto la tribuna, all'angolo della clausura del coro. Era una statua del diavolo, che spalancava un'enorme bocca nella quale i fedeli venivano a spegnere i loro ceri, dimodoché il blocco scolpito appariva sporco di nerofumo e di gocce di cera. Il popolo chiamava questa statua 'Mastro Pietro del Cantone', nome che è stato sempre incomprensibile agli archeologi. Questa figura, [...] umanizzata sotto le spoglie di Lucifero ("che porta la luce", ovvero la stella del mattino), era il simbolo della pietra angolare, la pietra del cantone, la pietra maestra del cantone. "La pietra che i costruttori hanno scartato - scrive M. Amyraut, in Paraphrase de la première epìtre de saint Pierre - è diventata la pietra maestra d'angolo, sulla quale si basa tutta la struttura dell'edificio; ma essa è anche ostacolo e pietra dello scandalo"».
In quei tempi felici il corpo (le corps, el cuerpo, der körper) non era idolatrato, né esecrato.* Ci si conviveva, alla bell'e meglio e sempre pronti a farne a meno, all'occorrenza.


* Ogni eccesso comporta l'eccesso uguale e contrario. L'atteggiamento 'gnostico', maniacale e manicheo, nel suo dividere irreparabilmente spirito e materia, è riscontrabile in numerosi feticci contemporanei, dallo sport alla medicina e dall'erotismo alla dieta. E pensare che basterebbe un po' d'umiltà, per accettare in toto l'inesauribile commistione di spirito e materia nel creato: in greco, "zolfo", il fetido zolfo, è thèion.

Dal corpo al carpo il passo è breve. Karpos sta per "frutto" [di Eva,* naturalmente] e karpòo si traduce "sfrutto", "mungo", "profitto", "saccheggio" e simili, ad insinuare il sospetto che il corpo (la materia, il Calibano di Shakespeare, la femina balba di Dante) sia davvero neutro, nec utrum, cioè né sfruttato, né sfruttatore, o - meglio - sfruttato ed insieme sfruttatore. In questo senso parliamo, in un articolo dedicato alla gnosi, di «carpocrazia» come di "dominio del frutto", laddove quest'ultimo può interpretarsi sia come soggetto dominante che come oggetto dominato; colpa da espiare nel primo caso, colpa in espiazione nel secondo. Va da sè l'assonanza anagogica col capro espiatorio. Eppure questo porco d'un corpo, che lo si veneri o che lo si disprezzi, purchiacca d'Eva, dovrà pur risorgere.

* Frutto da carpire. Sempre KPR. Tra l'altro, l'atto bellicoso del carpire si mima prima dilatando e poi serrando la mano [a pugno], laddove il gesto di pace consiste nel mostrare la mano aperta.