Dal greco coleòs ("sacco"), il sacchetto dei testicoli - o ver coglioni - è meglio chiamarlo «le coglia» (dall'omofono plurale neutro latino, dizione preferibile a «le coglie»). Tuttavia còlere, donde «colendissimo», sta anche per "onorare" e "celebrare" (perciò «culto»), oltre che per "coltivare" (da cui sia «còlto» che «cólto»). Il significato di "cogliere" vi rimane comunque sotteso; e non solo nel senso drammatico della Teogonia (laddove Crono "al padre d'un colpo recise le coglie, e dietro sé le gittò nel mare", in quello stesso "greco mar - continua Foscolo - da cui vergine nacque | Venere"), ma anche ed in ispecial modo nel senso rituale di garantire una veridica testimonianza giurando sui testicoli (dal latino testis, cioè "testimone").
Quanto sopra, al solo scopo di far presente che l'eclisse del maschio/padre data da lunga pezza, non ostante qualche resipiscenza cinquecentesca come quella dei Colleoni, il cui stemma araldico ed il cui grido di guerra coincidevano.
Ciò premesso aggiungiamo che, come la trilogia «maschio-marito-padre» si oppone a [e si completa in] quella «femmina-moglie-madre», così il trinomio «spirito-anima-corpo» corrisponde alla tradizionale ripartizione nei generi, rispettivamente, maschile, femminile e neutro. È appena il caso di rilevare la corrispondenza tra la scomparsa dello spirito e quella del maschio,* scomparsa cui seguirà a ruota quella dell'anima e perciò della femmina, scomparse entrambe rimpiazzate dalla sola entità oggi universalmente ammessa, quella del corpo, e del solo genere oggi di fatto reperibile sul mercato, ovvero il neutro.

* La polivalenza del simbolo fa sì che anche campi frettolosamente giudicabili come eterogenei siano in realtà interagenti. Alludiamo allo «spirito» in senso fonetico, ossia all'aspirazione tuttora presente, ad esempio, nell'arabo parlato; in quest'ottica non sono da ritenersi casuali a) il senso innalzante dell'aspirazione medesima, quand'anche limitata a meri obiettivi mondani; b) il genocidio, da parte di un occidente che ha rinnegato il padre, dei popoli arabofoni e c) la locuzione «non valere un'acca», attestante l'ormai raggiunta inutilità della sola consonante aspirata del nostro alfabeto, ossia attestante lo stesso dispregio in cui sono tenuti oggidì i coglioni de quibus agitur.