Una poco benevola ironia della sorte ha fatto in modo che la meteora (lett. "[quanto è] al di là dell'aria [che si respira]"), la meteorologia ed il meteorismo, pur derivando da etimi differenti tra loro, siano confluiti in una sola area semantica. Quel che accomuna il tutto, infatti, è una connotazione le cui valenze vanno dall'effimero al maleodorante, talché "meteoropatico" è sia colui il quale patisce le variazioni climatiche che il sofferente un ristagno d'aria nei meandri delle proprie interiora.
La stessa ambivalenza è d'altronde presente anche nel greco classico, che svaria da meteoroscòpos ("indagatore di fenomeni celesti") a meteorosofistès ("ciarlatano", "ingannatore"). Non a caso quindi l'aria (nella cosmologia indù, vayu, elemento mercuriale che, come il dio eponimo, informa di sé sia il mercante e il ladro che l'astrologo e l'ermetista) simboleggia lo stato formale sottile, intermedio tra la crassa staticità della forma terrestre e l'assenza di forma dell'immutabile stato celeste.
Inoltre, ancora in greco, si noti come meteora stia altresì per "vanamente", avverbio reso in latino con ventose. Ciò riconduce al tradizionale paragone tra la fatuità dell'anima e la provvisorietà d'una ventosa,* appunto, che funge da temporaneo collante tra lo spirito ed il corpo («imperocché non possono due dissimili - precisa l'alchimista - speciosamente congiungersi, senza un terzo che abbia in sé del simile un po' all'uno e un po' all'altro»).
Ora, benché Mercurio/Ermes non rappresenti l'anima (emblematizzata semmai dalla mutevolezza lunare, alla quale si oppone l'imperturbabilità solare dello spirito), la sua ariosa leggerezza e la sua gommosa adesività ne illustrano bene, in ogni caso, le caratteristiche duplici.
In altre parole, «bella da capogiro e brutta da voltastomaco» è l'anima, secondo il poeta, come la femmina.

* Infatti il vocabolo "anima" è da anemos ("vento"). Leggera, inafferrabile, eppur vischiosa, l'anima è davvero femminile. Precisato che, tradizionalmente, lo spirito è considerato maschile e, il corpo, neutro, va ancora notato come la scomparsa di quest'ultimo genere, nelle lingue occidentali, non sia priva di nessi con la parallela, nel linguaggio parlato, scomparsa dell'aspirazione fonetica (lo «spirito» greco). Non più tre generi, sicché, bensì due: maschile (il corpo) e femminile (l'anima). Va da sé la conclusione che vuole il neutro riaffiorare in una sorta di «ritorno del represso», per dirla in termini psicoanalitici, che totalizza nel neutro corporale l'amorfa indistinzione vuoi tra maschio e femmina (trionfante nel cosiddetto «gay» moderno), vuoi, negletto lo spirito, tra anima e corpo. Analogamente, lungo la stessa deriva fonetica, come al greco pètomai ("volo", "mi dirigo [verso]", donde il latino peto, “aspiro a”, "chiedo") si collegano termini quali “appetito” e “petizione”, in qualche modo rivolgentisi all'alto, così al più pedestre peditum va ricondotto l'italiano “peto”, quasi a provare che l'aria fetida del mercuriale intestino non esclude quella inspirata dagli altrettanto mercuriali polmoni. Mercurio in Vergine quello, Mercurio in Gemelli questo: una sola, mirabile aspirazione, l'espirazione di quello e l'ispirazione di questo.