Dalla terra al cielo, o dal cinque al sei.
Come il Manitu dei pellerossa è il Manyu sanscrito, il greco Theos è il messicano Theotl. Così, per designare quel numero celeste che è il sei, l'ebraico shesh si apparenta al sanscrito shash. Numero celeste, il sei, perché il cielo è sempre e dovunque considerato circolare e perciò misurabile col compasso, ovvero per multipli di sei (cioè secondo le dodici falangi delle dita opposte al pollice, che funge da cursore). Analogamente la terra la si raffigura quadrata e, pertanto, metrificabile con la squadra, ovvero per multipli di cinque (cioè con tutte le dita, di una mano o di entrambe).*
Ciò, nel piano. Ma tridimensionalmente il cielo è considerato sferico (come sferici sono i pianeti e sferiche le creature angeliche delle quali faceva parte l'uomo primigenio di cui narra Platone) e, la terra, cubica. In tal modo il solido più stabile emblematizza la caratteristica peculiare del suolo sul quale poggiamo i piedi.**


* Questa semplice osservazione permette di capire perché il tempo (la cui scansione è duodecimale, quindi celeste) sia necessariamente ciclico e, viceversa, perché lo spazio sia necessariamente lineare. Ciò detto, parlare di tempo lineare (anziché ciclico o, meglio, spiraliforme) e di spazio curvo, oltre che un'assurdità, rappresenta l'ennesima collaborazione ai tentativi diabolici di sovversione (termine che, letteralmente, implica il "rovesciamento [di quanto è in alto in ciò che è in basso]").

** Che la terra sia stabile (almeno finché non si mette a tremare) e piatta, è una constatazione che i nostri sensi dànno per scontata. Ora, che tali sensi possano ingannare è pur vero, ma, allora, un minimo di coerenza imporrebbe il silenzio a chi si prende gioco della credulità (altrimenti detta «fede») di coloro che si rimettono a pareri non suscettibili di esser toccati con mano. Al riguardo, il seguente scambio di battute tra il credente che, per pura provocazione, sostiene l'ovvietà d'una terra piatta ed immobile e l'ateo può esser chiarificatore:
- Hai mai visto una foto scattata da un satellite?
- Sei mai stato su un satellite?
L'argomento è meno peregrino di quanto possa sembrare, perché investe tutto ciò che sbrigativamente definiamo «progresso scientifico» e che in realtà è solo diffusione exoterica di verità esoteriche, ovvero divulgazione indiscriminata di quanto è medicina per i meno e veleno per i più. Questa prassi, squisitamente satanica, oltre a non rivestire alcuna utilità per alcun essere umano (eccezion fatta per «scoperte» di cui ha beneficiato l'intera progenie di Adamo, quali, ad esempio, quella della bomba atomica), mira in realtà a smantellare in ognuno di noi sia le certezze empiriche che quelle fideistiche. Lo scopo, fin troppo evidente, è la preparazione di una tabula rasa collettiva.

Rimandiamo a tempi migliori l'esame di alcune conseguenze tradizionali della simbologia suddetta (conseguenze architettoniche, per esempio, che vogliono sempre quadrangolare la base di un edificio e sferica la sua sommità, eventualmente tramite la mediazione di una struttura ottagonale simboleggiante quanto separa terra e cielo,* ovvero l'aria) e concludiamo invece questo breve saggio con alcune osservazioni supplementari circa l'esoterismo.
In proposito, ci sia concesso spender due parole su Newton e su Einstein (la differenza tra questo e quello consistendo di fatto nella nozione di forza/energia, rivoluzionariamente rapportata dal primo ai soli corpi in moto e dal secondo ancor più rivoluzionariamente estesa ai corpi in quiete).
Due parole, dicevamo, tratte dalla sempre provvida Wikipedia. Nella pagina dedicata alla ben nota equazione E=mc², si legge che nel 1765 l'abate Marc August Laugier, in Observation sur l'Architecture, assicurava la forza di "un peso di dieci libbre fatto cadere da un'altezza di cento piedi" esser pari "al prodotto della massa per il quadrato della velocità".
Sarà lecito arguire che, come Copernico, Einstein non abbia fatto altro che diffondere «ai quattro venti» [terreni, anziché agli otto aerei] quel che non doveva essere diffuso?

* Come è palese, l'ottagono rappresenta il punto di partenza del tragitto che, dal quadrato, conduce al poligono ideale i cui lati, via via riducentisi in estensione e numericamente accrescentisi, tende al cerchio (senza perciò mai identificarvisi). Non è casuale, in questa prospettiva, caratterizzando il vento l'elemento intermedio tra cielo e terra, l'esser otto i vènti della rosa omonima. Quanto si vuol accennare in questa nota, tuttavia, riguarda la differenza cinetica, e pertanto visiva, tra il quadrato ed il cerchio, ovvero tra la Gerusalemme terrestre e quella celeste: se è vero che un quadrato, fatto ruotare sul proprio asse a velocità crescente, smussa i proprii angoli fino a farli scomparire, la sfera ed il cubo delle due Gerusalemme non sono che due illusioni ottiche, in realtà coincidenti.

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Ci sia consentito, per chiudere, un rapido cenno su un inedito - almeno per noi moderni - uso «aritmetico» delle mani. Ne siamo debitori ad E. Giusti (da Il giardino di Archimede).
"Infine viene descritta una tecnica piuttosto complessa di rappresentazione dei numeri con le mani, e precisamente le unità e le decine, cioè i numeri da 1 a 99, con la mano sinistra, e le centinaia e le migliaia, ossia quelli da 100 a 9900, con la destra, in modo che usando ambedue le mani si possano registrare numeri fino a 9999. Un'illustrazione di tale tecnica, che mostrerà tutta la sua utilità quando occorra eseguire operazioni senza scrivere, o scrivendo il meno possibile, si trova in numerosi trattati medievali di aritmetica, tra gli altri nella Summa di Luca Pacioli. Si tratta di una pratica largamente diffusa, al punto che le centinaia vengono chiamate anche «il numero della mano destra», ad esempio nelle Regoluzze di Paolo dell'Abaco".