Chissà come nasce la stupidità, almeno linguisticamente? Il glottologo oscilla tra il greco typto ("batto", "colpisco", dal sanscrito tupati e tramite l'aggiunta, d'uso frequente, della 's' iniziale, come in «sbatto» e «scolpisco») e l'ancora sanscrito stupa, ovvero la tradizionale stele funeraria viva ancor oggi nell'induismo e nel buddismo.* In effetti, quel che si scolpisce è la pietra, le cui caratteristiche fondamentali sono l'immobilità e la solidità, se non la stolidità.

* Nella sua forma più semplice, lo stupa consta di tre pietre sovrapposte: cubica o quadrangolare la prima, ottagonale o tondeggiante la seconda, sferica la terza. Abbiamo già avuto modo di parlare di questo classico schema architettonico, i cui elementi alludono rispettivamente alla terra, al mondo intermedio ed al cielo.

Lo stupido, pertanto, è colui il quale non riesce a proferir motto, colui il quale si immobilizza, quasi pietrificato, occhi sbarrati e bocca aperta, «colpito», stupito o istupidito che sia da un fenomeno che colpisce, stupendo o stupefacente che si voglia. Ora, come sopra s'è accostato il solido allo stolido (che però sembra derivare dal latino tollere, cioè "togliere", ovvero "stogliere" e "distogliere"), così lo stolto potrebbe essere colui al quale sia stata tolta qualcosa, per esempio l'uso delle proprie facoltà. D'altra parte il verbo 'scolpire' allude a questo, la scultura consistendo appunto nel togliere [il superfluo, agli occhi dell'artista], al contrario della pittura, che aggiunge [il necessario, sempre secondo gli occhi dell'artista].
Lo stupido (o la stupida), quindi, stando a quanto detto finora, non di rado è colui (o colei) che, come il bambino ed il poeta, riesce ancora a stupirsi. Inoltre, non sempre è un merlo (o una gallina) che parla a vanvera, potendo spesso ammutolirsi fino a sembrare un allocco (o un'oca). Rispetto alla loquacità, meglio il silenzio, insomma. 
"Quando fa l'uovo, | la gallina starnazza, | ma l'oca tace, attonita".