Una barzelletta divertente,* ancorché difficile da metter per iscritto, è quella della disputa teologica tra il benedettino ed il trappista. Proviamoci. La vicenda, ambientata qualche secolo fa in un paesello sperduto dell'Italia centrale, narra di un'accesa rivalità devozionale tra i componenti i due relativi monasteri, rivalità sfociata in una pubblica sfida. La sola limitazione,** essendo i trappisti votati al silenzio, era l'obbligo di mimica, ovviamente muta. La sfortuna però volle che il campione prescelto da questi frati si ammalasse, proprio nel giorno fissato per lo scontro, sicché, in assenza di un valido sostituto, dàtisi ormai per vinti, i trappisti vollero buttarla a ridere ed elessero a loro rappresentante un ubriacone al quale fornivano vitto ed alloggio, in cambio di manovalanza.
Ordunque, all'ora stabilita, presentatisi in piazza i due contendenti, sapiente e dignitoso il benedettino, ignorante, ma già sbronzo, lo pseudo-trappista, si sorteggiò chi avrebbe dato inizio alla singolar tenzone, gesticolando per primo. Cominciò il seguace di san Benedetto, che nelle righe seguenti chiameremo X, dimodoché Y sarà il falso aderente alla Trappa. La gara si svolse in sette fasi:
X chiuse intorno al pollice le altre dita, altalenando la mano;
Y puntò il dito indice contro l'avversario;
X levò l'indice e il medio;
Y mostrò le cinque dita aperte;
X protese il pugno chiuso;
Y accostò, senza peraltro congiungerli, pollice a pollice e indice ad indice di entrambe le mani;
X sollevò le braccia in segno di resa.


Tra gli applausi degli astanti,*** i due fecero ritorno al rispettivo convento, laddove ciascuno espose la propria versione dell'accaduto.
X: «È davvero un illuminato, non potevo vincere. Esordisco col chiedergli in qual modo si possa condensare la Creazione; risponde indicando l'Uno, da cui tutto proviene; gli obietto che, dov'è l'Uno, c'è subito il Due, ovvero l'Altro, insomma la Creazione stessa; in modo inimitabile, citando il verso del quindicesimo canto del Paradiso sul Cinque che si irradia dall'Uno, mi spiega che l'Uno è come il centro dei quattro angoli di ogni superficie (4 + 1 = 5); ribatto che in ogni caso tutto è racchiuso in Dio, nell'Uno, come una foresta in un seme; ma a questo punto sferra il colpo definitivo e, con aria vagamente orientale, mi ricorda che prima dell'Uno c'è lo Zero, il Nulla, il Vuoto. Mi arrendo».
Y (tradotto): «È proprio un cafone. Comincia chiedendo "chi sei? che vai cercando?"; l'avverto di badare a quel che dice; fa segno di accecarmi entrambi gli occhi; lo minaccio di un ceffone; mi tende contro il pugno; lo informo che gli faccio 'o mazzo tanto. Allora alza le braccia e se ne va».


* Come «divertente» è "ciò che fa vertere altrove" (sinonimo pertanto di "distraente"), così la barzelletta è la battuta spiritosa che rende meno gravosa la tassa (il «balzello» o il «bargello») da pagare. E, a proposito del verbo «pagare», a sua volta divertente è l'etimo che lo fa risalire a "placare [il creditore altrimenti implacabile]", come prova il derivato «appagare».

** Visto che siamo in tema divertente, val la pena di notare come «handicap» significhi null'altro che "hand in the cap", limitazione - appunto - imposta fino ad ieri al duellante la cui abilità superasse di gran lunga quella del rivale. Va da sé il precisare che la caduta del cappello avrebbe comportato la sconfitta dell'«handicappato».

*** Di astanti ce n'erano sempre, sfaccendati e no, ad ascoltare questi «contrasti» (o «botta e risposta», comunque non «botta continua») del buon tempo andato. Per esempio, ancor oggi è celebre, almeno tra i vecchi del posto, il contrasto seguente avutosi, ai primi del '900 ed in quel di Siena, tra due rimatori dell'epoca. "Or tu, che sei poeta in nome e in fatti, | dimmi quante unghie han centomila gatti". "E te, che se' poeta d'alti 'ngegni, | attaccateli al culo e conta i segni".