"La perla - dice Zan Shin - è un prodotto del dolore. Un'ostrica che non abbia subìto offese non produrrà una perla, perché la perla è una ferita cicatrizzata. Coltivare il risentimento, rifiutandosi di perdonare, equivale a lasciare aperta la ferita e, pertanto, l'ostrica vuota".
Circa l'universalità del concetto di sofferenza (dal cilicio al digiuno e dalla malattia alla povertà), ancorché oggi un po' in disuso, quale strada maestra verso il Cielo, val forse la pena di indugiare un po' su Marte.
Orbene, essendo la caratteristica freccia obliqua del geroglifico indicante il pianeta in questione l'unico modo bidimensionale di rappresentare la perpendicolarità,* ed essendo la violenza (sia nel farsela che nel subirla) prerogativa astrologica esclusiva di tale pianeta, ne consegue l'imprescindibilità del dolore, sia del corpo che dell'anima, se si vuol elevare lo spirito. Deduzione amara, soprattutto per l'algofobia contemporanea, ma istruttiva.

* Raffigura infatti il simbolico quinto raggio della croce, il «miglior raggio» (perpendicolare, ovvero «normale», agli altri quattro) emblematizzato nella lancia che si conficca nel petto del «novello Adamo» (quel petto - Paradiso, XIII, 37-42 - "che, forato da la lancia, | e prima e poscia tanto sodisfece, | che d' ogne colpa vince la bilancia", riscattante l'altro "petto onde la costa | si trasse per formar la bella guancia | il cui palato a tutto ' l mondo costa").