Nel post precedente (o seguente, se - come s'usa fare - si legge quest blog dall'alto verso il basso) abbiamo avuto modo di citare due pii pontefici. Anzi, due Pii pontefici, accomunati sia dal nome che dai patimenti sofferti a causa di francesi, massoni e gesuiti.
Coincidenza casuale, si dirà.
Siamo d'accordo. Non si può generalizzare. Carlo Magno, infatti, era francese (e, se è per questo, lo era pure De Gaulle). Il papa - o compapa - attuale è gesuita (come il compianto Ivan Illich). Infine, l'indimenticabile Ettore Petrolini era massone.
Restiamo su quest'ultimo.
Personaggio notevole, il creatore di Fortunello e di Gastone è passato alla storia anche per aver ricevuto una medaglia da Mussolini e per aver ringraziato nei termini seguenti: "Me ne fregio!". Quel che adesso ci sta a cuore, però, è la sua familiarità con l'argomento più sgradevole, per noi moderni, ovvero la morte. Familiarità ironica, perciò genuina, mostrata anche negli ultimi istanti di vita: al medico che, per confortare il moribondo, mentiva, diagnosticando un netto miglioramento, l'artista rispose: "Meno male, così moro guarito". Trascriviamo di seguito alcune sue battute sul tema. Le due terzine finali (l'ultima, con nota autografa) sono del Belli, altro grande poeta romano.



La differenza
tra l'omo vivo e l'omo morto è questa,
che l'omo vivo, come l'omo morto,
cià 'na coccia de morto 'n der la testa.

L'ommini che so'? Pacchi postali
che 'a levatrice manna ar beccamorti.

Dite «terque, quaterque ...»? Ma, fregnoni,
quanno v'arriverà l'oste cor conto,
ve metterete 'a mano ar petto o a li cojoni?

Beati quelli che piangono,
perché saranno consolati.
E beati quelli che ridono,
perché sanno consolarsi da soli.

La morte sta anniscosta ne l'orloggi
e gnisuno pô dì: "Domani ancora
sentirò bàtte' 'r mezzogiorno d'oggi".

Dice Iddio: "Morte certa, ora incerta; | chi er risico lo vo', ribbinitillo;* | omo a cavallo, sepoltura uperta".

* «Qui amat periculum, peribit in illo» (Libri ecclesiastici, III, 27).