Ripensando a ciò che s'è scritto qualche tempo fa, circa la stupidità di chi scrive, torniamo alla Naturalis historia ed al suo autore, quel Plinio «il vecchio» che ad ogni piè sospinto premette a quanto riferisce un dicunt, un creditum [est] o addirittura - a proposito di Giove «licio» (cioè "lupesco") che, degustata una vittima infantile, era ritenuto in lupum se convertisse - un mirum est quo procedat graeca credulitas (VIII, 82).
Non lo si direbbe un ciarlatano, insomma.
D'altronde, se ad un cieco - nato e cresciuto tale, ignaro d'esser tale, circondato esclusivamente da chi è tale - viene detto che un tempo esisteva qualcuno che, senza perciò provenire da altri pianeti, cieco non era ...
Lasciamo perdere. Se a questo blog sono stati disattivati i commenti, ci sarà un motivo. Continuiamo con Gaio Plinio, divulgatore scientifico meno positivista di Piero Angela (ma più di Carlos Castaneda), trascrivendo di seguito qualche riga del 7° capitolo della Storia, dal § 9 al § 36.

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Oltre agli sciti, parecchi popoli si cibano comunemente di carne umana. Ciò sembra incredibile, eppure dobbiamo pensare che anche nel cuore del mondo, perfino in Italia, esistevano i lestrigoni ed i ciclopi.* Ed anche al di là delle Alpi tuttora vige l'usanza di immolare i proprii simili e di mangiarne i resti, dopo il sacrificio. [...] Praticano il cannibalismo anche gli arimaspi, cioè coloro che vivono ancor più a settentrione degli sciti, laddove spira il vento del nord, in quel luogo non lontano dal polo chiamato Ges-clithron (o "chiave della Terra"); costoro sono famosi per non avere che un occhio solo, situato al centro della fronte. Ci sono poi gli antropofagi della regione detta «Abarimon», uomini selvatici che si accompagnano alle fiere e la cui caratteristica conformazione, ovvero i piedi volti all'indietro, ne fa velocissimi corridori. Questi antropofagi sono soliti bere dal cranio dei nemici uccisi ed indossarne lo scalpo. [...] In Albania vivono delle genti con occhi da gufo, il cui sguardo è rosso come il fuoco e la cui vista è migliore di notte che di giorno. Nell'Ellesponto c'è una rara specie umana, detta «ofiùgeni», che col solo tocco della mano guarisce colui il quale sia stato morso da un serpente velenoso. Ed in Africa gli psilloidi (così chiamati dal loro capostipite, il re Psillo) dispongono di un contravveleno naturale, per cui il loro alito è sufficiente a tramortire qualsiasi serpente. Costumano inoltre, stante questa loro particolarità, sincerarsi della fedeltà delle loro mogli presentando i neonati ai serpenti più velenosi: in tal guisa, se questi ultimi non fuggono, il figlio è adulterino. Analogamente, presso di noi, i marsicani sono in grado di incantare i serpenti e perciò vengono detti discendere da Circe. [...] I maklias sono quasi sempre ermafroditi e per tal cagione - riferisce Callifane - praticano a turno la vicendevole conoscenza carnale. Aristotele precisa che la mammella destra di costoro è maschia e, la sinistra, femminea. [...] Sempre in Africa, sia Isigono che Ninfodoro attestano esservi intere famiglie di stregoni che, con uno sguardo, possono uccidere chiunque. Presso di loro, molti hanno due pupille nello stesso occhio. Ed altrettanto è stato notato da Apollonide presso alcune donne scite, le bizie, e nel Ponto; costì - asserisce Filarco - i tibii possono guardare contemporaneamente in due direzioni opposte. Perfino il nostro Cicerone sostiene che la femmina dagli occhi gemellati ha lo sguardo velenoso.** [...] Non lontano da Roma, nel territorio dei falisci, presso il monte Soratte caro ad Apollo, c'è una stirpe i cui componenti possono camminare sulle braci ardenti, il che, grazie ad uno specifico giureconsulto del Senato, li esenta da ogni tassa. [...] Soprattutto tra gli etiopi d'India si annoverano fenomeni stupefacenti, vuoi per la bontà del terreno e vuoi per la dolcezza dell'acqua e dell'aria, dalle bestie gigantesche agli alberi mostruosi, per non parlare della statura umana, che spesso è intorno ai tre metri. I loro filosofi, detti «ginno-sofisti», stanno per tutto il giorno immobili a fissare il sole, dall'alba al tramonto, a gambe incrociate. Inoltre alcuni individui - afferma Megastene - alle pendici del monte Milo, hanno piedi provvisti di otto dita; altri hanno testa di cane e parlano latrando. Molti sono monocoli ed alcuni hanno gli occhi, anziché in testa, lungo le braccia. Eudosso aggiunge che nell'India meridionale gli uomini hanno piedi lunghi più di mezzo metro, mentre le donne, dette perciò strutopodes (o "piedi di passero") li hanno minuscoli. Alla sorgente del Gange si trovano gli astomi, uomini senza bocca, dal corpo pieno di peli, vestiti d'una soffice lanugine tratta dagli alberi; essi vivono d'aria e si nutrono soltanto degli odori e dei profumi che inalano, senza mangiare e senza bere alcunché di diverso, limitandosi ad annusare radici, frutti e fiori. [...] Aristotele parla dei pigmei, uomini alti circa un metro, che secondo Omero sono tormentati dalle gru e che perciò abitano sotto terra o dentro caverne ed Isigono dei cirri, che vivono più di centoquarant'anni. Lo stesso si dice dei macrobi e di quelli che dimorano sul monte Athos. [...] Onesicrito spiega perché in taluni luoghi dell'India il sole non faccia mai ombra e perché la longevità giunga fino ai due secoli. Inoltre, secondo Ctesia, gli abitanti hanno capigliatura bianca in gioventù e nera in vecchiaia, vivono duecent'anni e, per esempio nell'isola di Taprobana, all'eccezionale longevità uniscono una perenne integrità fisica. Alcune donne partoriscono a cinque anni d'età. Infine, Crate di Pergamo narra dei trogloditi d'Etiopia, nomadi che vivono lungo il fiume Astapo, vicino al polo nord,*** la cui altezza supera i quattro metri. [...] Ex feminis mutari in mares [oggi - n.d.t. - accade il contrario] non est fabulosum: negli annali è scritto che, sotto il consolato di Licinio Crasso e Cassio Longino, una ragazza di Cassino si fece ragazzo. E Licinio Muziano riferisce che in Argo un certo Arescon si maritò (come moglie), ma dopo qualche tempo gli spuntò la barba e gli si svilupparono gli attributi della virilità.
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* Come «miope» è da myo ("accorcio") e da ops, opos ("occhio"), così «ciclope» è chi vede a 360°. Il cosiddetto «terzo occhio» allude appunto a ciò.

** Chissà se avere pupillas binas in oculis singulis, ovvero duplices pupillas, equivale a disporre del cosiddetto «strabismo di Venere»?

*** Questa frase è poesia pura, per chi si diletta di fantageografia. C'è più di un indizio omerico ed esiodeo, tanto per non andar troppo lontano, che fa sospettare, ad esempio, a) che l'India non sia sempre stata dove si trova adesso; b) che tra gli etiopi "in due parti divisi" e gli iperborei non ci dovesse esser molta differenza e c) che il polo nord, temperato com'era, fosse un posto gradevolissimo.