Ringraziamo Genseki per le righe seguenti, tratte dal Fusus al-hikam di ibn-Arabi. 


«Il credente loda soltanto la divinitá che è compresa nel suo credo ed a questa aderisce; egli non puó compiere alcun atto che non lo riconduca a se stesso. Allo stesso modo nulla vi è ch'egli lodi senza lodare se stesso. Perché è indubbio che chi loda l'opera ne loda l'autore; la bellezza o l’assenza di bellezza ricadono sull'artefice. La divinitá nella quale si crede è plasmata da colui che la concepisce ed essa è quindi la sua opera; la lode rivolta a ció che crede è l'elogio diretto a se stesso. Proprio per questo egli condanna qualsiasi credo differente dal proprio; se egli fosse giusto non lo farebbe, ma lo fa perché resta fermo su un particolare oggetto di adorazione. È chiaramente nell'ignoranza e per tale motivo il suo credo in Dio implica la negazione di tutto quanto ne è diverso; se conoscesse il detto di Junaid ("il colore dell'acqua è quello del suo recipiente") consiglierebbe a ogni credente di credere in ció che crede, conoscerebbe Dio in ogni forma e in ogni oggetto di credenza. Per questo Allah ha detto: "Io sono conforme all'opinione che il Mio servo ha di Me".* Cioè,  "Io gli appaio nella forma del suo credo; se vuole puó sia ampliarlo che ridurlo". La divinitá in cui si crede assume i limiti del credo ed è questa la divinitá contenuta nel cuore del servo. La Divinitá assoluta non è contenuta in alcuna cosa, perché essa stessa è l'essenza delle cose».



 * È un hadith qudsi, ovvero un detto del Profeta di autorità quasi pari a quella coranica.