Ci vuole fede, per esser atei.
Né più, né meno, di quanta ce ne vuole per credere in Dio.
Vogliamo dire che, mancando prove sia della Sua assenza che della Sua presenza, uno crede a questa od a quella soltanto per fede. Certo, tra il cattolico che crede nei miracoli evangelici e lo scienziato che crede in un «brodo primordiale» dal quale sia affiorata, come una carota o una patata, una rudimentale forma di vita, successivamente «evolutasi» - ça va sans dire - in quel miracolo che è l'uomo d'oggi, una differenza c'è. Nessuno dei due può esibire uno straccio di prova, un calzino bucato di dimostrazione, un pannolone imbrattato di liberatoria demenza senile, ma una differenza c'è: il primo è meno comico del secondo. Se si preferisce, il primo - nella sua dichiarata incuria dell'obbligo di esibire «fatti» - è più coerente del secondo.
Insomma come si può affermare, senza tema di smentite, che l'eliocentrismo è una panzana, così è possibile sostenere, nessuno potendo dimostrare il contrario, che l'evoluzionismo è una frottola. Tuttavia, trovandosi tali fanfaluche nei programmi scolastici, a) non è più necessaria una verifica sperimentale delle medesime e b) si comincia a correre qualche rischio, a metterle in dubbio.
Il credere acriticamente in qualcosa di indimostrato ed indimostrabile è detto «dogmatismo». I due tipi di dogmatismo suddetti, l'uno religioso e l'altro no, coesistono bellamente nello spazio, ma si succedono nel tempo. Come infatti ieri si insegnava a scuola, non senza qualche intolleranza, il fideistico dettato evangelico (biblico, coranico, vedico, ecc.), così oggi nella stessa scuola si insegna, non senza qualche intolleranza, il fideistico dettato scientifico.* Più che di contrappasso, si direbbe trattarsi di taglione.
Di vendetta, insomma.

* Quello in voga, s'intende. Un esempio può darlo il passaggio dalla fisica newtoniana a quella quantistica, che l'ottimista definisce «superamento [del vecchio ad opera del nuovo]» e il pessimista «anarchia epistemologica». Quanto a noi, sempre nel nostro piccolo, continuiamo a pensare che extra Ecclesiam non c'è salvezza, ma solo [involontaria] comicità.

Ci si pensava qualche giorno fa, alla "vendetta che, nascosa, fa dolce l'ira" (Purgatorio, XX, 95-6). Ciò, a proposito dell'identificazione di colui "che fece per viltade il gran rifiuto". Se costui fosse - come dicevamo per assurdo, non potendolosi annoverare sia tra i pusillanimi che tra i simoniaci - Clemente V, incapace di fermare il re francese "che morrà di colpo di cotenna” (Paradiso, XIX, 120), re avido (Purgatorio, XX, 93) e falsario (Paradiso, XIX, 119), la vendetta agognata da Dante potrebbe assumere altre connotazioni.

Intanto, se è vero che Filippo «il bello», carnefice dei templari, morì sotto le zanne di un cinghiale (emblema, del quale "cotenna" è semplice metonimia, della casta sacerdotale), già questa è vendetta, almeno nei confronti del re. E tralasciamo la poco credibile leggenda secondo la quale il boia di Luigi XVI avrebbe rivelato al ghigliottinando sovrano la propria appartenenza all'Ordine del Tempio. La vendetta nei confronti del papa, invece, la si direbbe non limitata al "guascone" artefice di inganni (Paradiso, XVII, 82) ed ingordo di sangue (Paradiso, XXVII, 58-9), che infatti muore di lì a poco, ma estesa fino ai giorni nostri.
Il potere contemporaneo, infatti, quasi invariabilmente impersonato da massoni anticlericali, sembra portare a compimento la maledizione pronunciata il 18 marzo 1314 da Jacques de Molay. E Dante, oltre ad esser templare a sua volta, potrebbe aver assistito al supplizio di quest'ultimo.
Chissà. Parlavamo del taglione, che sant'Isidoro definisce "similitudo vindictae, ut taliter quis patiatur, ut fecit". Può darsi, qualora a) si considerino massoni i templari superstiti e b) si considerino i massoni d'oggi eredi dei massoni di ieri. Punti abbastanza controversi.
Quanto a chi scrive, avendo già da tempo condotto il suo cervello all'ammasso e non potendo in alcun modo rapportarsi al poeta per eccellenza, non s'azzarda a criticare questo o quel papa. La soppressione, cruenta per giunta, dei templari (e, se è per questo, anche dei catari), ci resta incomprensibile. Ma chi non è con la Chiesa è contro la Chiesa.