Quarant'anni or sono, quando ero giovane e cretino (a differenza d'oggi, vecchio e cretino), prestavo servizio nello Stato, in quel di Lecce. Vivendo in un paesino identico a quello uno dei cui vicoli è ritratto qui (vedi), avevo modo di gustare tutto ciò che ancora sopravviveva del modus vivendi meridionale. Per «meridionale» intendo "borbonico" e pertanto "tradizionale", sebbene già viziato dall'incipiente rovina del cosiddetto «progresso».
Se si volessero condensare tutte le fumose implicazioni di quest'ultimo termine in una parola, questa è "movimento", il movimento fine a se stesso di chi non sa dove andare, ma deve andarci. Per giunta, se ci vado, "vado al massimo". L'importante è non fermarsi (tanto ci penserà il buon Dio, prima o poi, a fermarci per sempre, almeno in queste spoglie corporee).
Orbene, in quegli anni felici che mi vedevano applicare - mio malgrado - i dettami dell'immortale Tao-te-king, in particolare dell'80° capitolo ("quand'anche si sentano cantare i galli ed abbaiare i cani del paese vicino, i rispettivi abitanti non abbiano alcun contatto"), ero solito ascoltare Lucio Battisti, cantante caratterizzato, oltre che dall'innata melodiosità, da un'assoluta mancanza di poesia. Poesia significativa, voglio dire, cioè non insulsa. Per sua fortuna - e per mia sventura - ci pensò Mogol, che, con indubbio talento, unì alla bella musica un testo suggestivo. Dico «suggestivo», non sensato.* Per farla breve, quegli anni felici mi si funestarono a causa di versi quali il seguente: "Un'auto che va | basta già | a farmi chiedere se | io vivo".


* Suggestivo, e non di rado velenoso. Se ci si prende la briga di ripensarvi, vi si vedrà infatti aleggiare un non sempre dissimulato disprezzo verso tutto quanto è tradizionale. Quest'ultimo aggettivo, che poc'anzi abbiamo reso sinonimo di "borbonico", nella weltanschauung mogoliana appare in effetti intercambiabile con i seguenti: vecchio, stantìo, ammuffito, arretrato, reazionario, oscurantista e insomma ogni aggettivo presente nel repertorio dei tabù contemporanei.

Per quanto la mia modesta persona non meriti il tempo perso da chi eventualmente legga queste righe, aggiungo di star tuttora pagando le conseguenze di quella maledetta suggestione. Bisogna stare attenti alle canzoni. Prima s'è citato Vasco Rossi, ma anche gli altri non scherzano. E de Gregori, dove lo mettiamo? Confesso di trovare molto più sensato Dado, la cui parodia è seducente: "Alice guarda i gatti e i gatti guardano le alici".