Nell'economia del creato l'importanza del singolo sembra limitata alla funzionalità collettiva.
La tempesta ormonale che si scatena in chi coglie il frutto a lungo desiderato, vuoi dell'amore o vuoi del potere, la si direbbe un trucco, un'esca, una trappola della Natura per far 'sì che gli esemplari migliori del gruppo perpetuino l'esistenza del gruppo stesso.
La selezione naturale è abbastanza evidente, insomma, ma l'individuo non è il suo scopo, bensì il suo mezzo. La rivalità tra due o più maschi per il possesso della femmina migliore, come quella tra due o più femmine per il possesso del maschio migliore, insomma la rivalità interindividuale per la supremazia, non è che lo stimolo fisiologico alla procreazione migliore e poi alla cura della prole migliore. Idem, per la rivalità tra un gruppo, un branco, un popolo e l'altro. In altri termini, la collettività sta all'individuo come la macro-collettività, cioè la Natura, sta alla micro.*
Fin qui, tra l'umano e l'animale non c'è differenza. Nel regno animale, però, chi è inutile, o controproducente (i vecchi, i malati. ecc.), viene abbandonato, laddove gli umani se ne fanno - o dovrebbero farsene - carico.**

* Da questo punto di vista, chiedersi perché Dio permetta il male non ha senso. Il cosiddetto «male» è null'altro che la privazione, o la diminuzione, del bene di Tizio [a favore del bene di Caio]. La scomparsa del bene particolare quindi preserva il bene generale, ovvero il Bene, nozione metafisica i cui riflessi nel mondo fisico possono apparire davvero incomprensibili (come nel caso di chi depone le proprie uova nel corpo altrui, affinché i neonati si nutrano di carne viva; processo ripugnante, certo, eppure materno, spontaneo, naturale, quindi - sebbene non innocuo - innocente). D'altro canto, per dirla con L. Lancelotti: "Posso godere del mio bene, finché il mio bene | va con la corrente del bendidìo. | E sempre ringraziandoLo, il buon Dio. | Se cerco di fermarlo, | imputridisce". Così, andando dalla poesia alla favola, il peccato (vuoi d'ingratitudine e vuoi di stupidità) è quello del vecchio Paperone che egocentricamente si trastulla con trapianti d'organo e trasfusioni di sangue.

** Andrebbe però detto che, nel genere umano, un anziano può tornar utile in termini di esperienza o di saggezza. Ed in qualche misura, se pensiamo all'epilessia come morbus sacer, può tornar utile anche un malato (in bilico tra il mago e la strega).

Se si accetta quanto sopra, con buona pace dell'homo homini lupus e della struggle for life, diventa inevitabile guardare con occhio critico ad un potere non fisiologico, come quello ottenuto grazie al bastone della vecchiaia tecnologico-finanziario, perché non giova alla Natura, cioè non contribuisce al Bene. Questo non significa che il potere della vigorìa corporale del più forte, benché fisiologico, sia sempre animato da un nobile scopo; significa solo che il nobile scopo c'è, ma spesso all'insaputa del più forte, se non a suo malgrado.