Un’annosa polemica, indirizzata nei confronti del cristianesimo dall’esegesi coranica, riguarda la presunta manomissione del passo evangelico (Giovanni, XVI, 7-15) in cui Gesù avrebbe annunciato l’arrivo di Maometto. L’Islam sostiene che invece di un tardo paráklêtos (“consolatore”), in un primo tempo ci fosse scritto perikleitós, che significa «il lodatissimo»; e il nome del Profeta, Muhammad, significa appunto «il lodatissimo».
Benché non documentabile, se ci si pone dal punto di vista islamico questa pretesa non è priva di una certa eleganza formale: come Maometto annuncia il ritorno di Gesù nelle vesti definitive di colui che, in termini indù, è il decimo ed ultimo avatara (Corano, III, 55; IV, 159; XLIII, 57 e seguenti), così Gesù annuncia l’avvento dell’ultimo profeta. Pretesa inammissibile, soprattutto nella sua seconda parte, per noi cristiani. Eppure, di nuovo, non priva di una certa eleganza formale impreziosita, inoltre, da singolari riferimenti alla musicologia occidentale, quali la seguente, abbastanza curiosa: attribuita al Cristo l’ultima lettera dell’alfabeto usata per la notazione musicale anglofona, cioè la G (the God’s note, il sol invictus), la speculazione islamica assegna a Maometto il la (ovvero la A, la prima lettera dell’alfabeto) ed al Cristo venturo il si, l’ultima nota della scala di do, indicata nella notazione inglese con la lettera B, ma in quella tedesca (che pare derivare direttamente da quella greca) con la H,* la lettera cioè successiva alla G. Tutto ciò, benché discutibile, appare degno di nota.

* La notazione tedesca è ritenuta più fedele a quella originale greca, se non addirittura sanscrita, come quella francese (che tuttora conserva l’ut del XII secolo) lo è più di quella italiana. Della lettera H, invece, la cui rilevanza fonetica è ormai nulla (a simboleggiare la scomparsa dell’aspirazione, ovvero [in tutti i sensi] dello spirito), s'è già detto altrove.