Ci si vergogna, ormai, a parlare di Dio. La fede, ossia la fiducia, se non la confidenza o addirittura la fidanza dei figli verso il Padre, ce la siamo scordata. D'altro canto, visto [in televisione] che l'uomo è arrivato sulla luna, come facciamo a comportarci secondo l'infantilismo degli antichi? La maturità impostaci dal progresso scientifico e tecnologico esige che, sollevate un po' le sopracciglia ed ammainate alquanto le palpebre, noi si rifiuti ogni ingerenza sovrannaturale negli insindacabili affari nostri. Ciò premesso, quando càpita di leggere o di ascoltare le lucide e ben documentate analisi di filosofi, poeti, comici,* cantanti, scrittori o blogger a qualsivoglia titolo, del disastro contemporaneo, non ci si può stupire della loro disperazione. Sebbene sia solo la disperazione, più o meno dissimulata, la caratteristica di chi in questo andazzo delle cose nulla abbia da guadagnare, bisogna dire che costoro fanno il gioco dell'Avversario (in arabo, as-Shâytan), perché il trucco migliore di quest'ultimo è esattamente quello di non far notare la sua presenza, il che traduce il silenzio nei suoi confronti in due modi: a) si è al suo servizio, ovviamente retribuito o b) si è vittime del binomio infernale «orgoglio - imbecillità» (se non, meglio, «orgoglio = imbecillità»).

* Non strano a dirsi, infatti, più d'un professionista della risata [altrui] oggi si rivela degno erede del giullare di ieri, fool scespiriano o epigrammista latino che fosse.

L'alternativa poc'anzi proposta si riduce però, in definitiva, a due possibilità: o si è al servizio, retribuito, del Maligno o si è al di lui servizio non retribuito. Imbecillità doppia, sicché.
In ogni caso, tertium non datur. Deprecare il marciume politico, sociale, artistico (letterario, pittorico, musicale, cinematografico, teatrale, architettonico, ecc.), economico (d'economia domestica e no), insomma individuale ed interindividuale, senza vedervi l'operato di Satana e perciò, a fortiori, il disegno divino, è non solo inutile, ma controproducente. Ignorare, quando non tacere, che lâ hawla wa lâ quwwata illâ biLlâh, ovvero che "non esiste alcun potere all'infuori [di quello] di Dio" significa disperarsi e basta, perché, in questi tempi di liquidazione finale,* tutto deve andare come va, cioè a male. Non si dà la minima speranza, perciò, che le sole forze umane possano cambiare qualcosa,** in un'oligarchia che incasella - fatte le debite eccezioni - servi del Diavolo visibili ai vertici della società locale, servi del Diavolo quasi invisibili ai vertici della società mondiale e, alle spalle di quelli e di questi, il Diavolo stesso.

* L'unica consolazione è - teste il Profeta - che la svendita a prezzi stracciati riguarda anche noi, perché per l'acquisto della salvezza ci viene richiesta "l'osservanza di appena un decimo della Legge [osservata per intero dagli antichi]". Ma la salvezza non è davvero tra gli obiettivi di chi gestisce (col permesso di Dio, certo, anche se poi i gestori di cui trattasi la pagheranno cara) questi saldi di fine stagione. Fuor di metafora, il bello della prossima fine del mondo sarà nel suo verificarsi non per diretta punizione divina, ma per deliberata volontà umana (cioè per indiretta punizione divina).

** Le sole forze umane - vogliamo dire - dei pochi che vogliono veramente cambiare qualcosa, in quest'oggi alla rovescia in cui chiunque parli di «cambiare» (programma obbligato, necessario e sufficiente, di qualsiasi candidato a qualsiasi poltrona) non intende cambiare alcunché. Non si dà la minima speranza, perché s'è fatta troppo vasta, ramificata e capillare, soprattutto grazie alla tecnologia, l'influenza dei pochissimi che reggono (ovvero si illudono di reggere) le sorti di questo pianeta.
A proposito della tecnologia, autentico bastone della vecchiaia di un'umanità decrepita, viene in mente prima l'indovinello della Sfinge e poi l'etimo di imbecillità (sine bacillo, id est "senza bastone").