Lo stoico paganesimo (da pagus, "campagna", la stessa campagna dove tuttora sopravvive un po' di cristianesimo schietto) è impersonato soprattutto da Seneca. I suoi contatti con l'allora nascente Chiesa romana, più li si documenta, meno vengono divulgati. Eppure sono ampiamente provate a) la familiarità di Seneca con san Paolo; b) la diffusione del cristianesimo prima nel patriziato romano e solo successivamente negli strati sociali più bassi; c) l'esistenza della possibilità per cui l'ostacolo, ovvero il kathekon, al dilagare delle persecuzioni fosse non già lo statista-filosofo Seneca, ma addirittura l'imperatore Tiberio (che, Costantino ante litteram, aveva in animo di legalizzare la professione di fede cristiana e che, fieramente osteggiato da quella che oggi definiremmo «lobby», dovette limitarsi ad applicare il diritto di veto, purtroppo efficace solo sua vita natural durante, all'esecuzione del giureconsulto per cui non licet esse christianos).