Siamo soliti rappresentare la serie dei numeri in modo lineare, incolonnando cioè l'1, il 2, il 3 e così via. Ciò a causa della convenzione grafica che, per praticità, singolarizza le cifre successive all'1. Eppure, come è ovvio (e come è più visibile con l'uso della numerazione latina), la serie procede in maniera piramidale, per successive reiterazioni della cifra principale: I, II, III e così via.
La cosa non manca di importanti sottintesi simbolici, il primo dei quali vuole l'uno maschile come il sole e il due femminile come la luna (piena e nuova, crescente e calante). Ma ciò, naturalmente, non implica alcuna superiorità assoluta (di tutti i maschi su tutte le femmine, cioè), perché qualsiasi numero è simbolicamente femminile nei confronti del numero che lo precede e simbolicamente maschile nei confronti di quello che lo segue. Alla stessa stregua, se il cielo è maschile e la terra femminile, tutte le creature sono virtualmente femminili, nei confronti del Creatore.
Il secondo sottinteso allude alla gerarchia, chiave di volta di ogni struttura tradizionale (dalla micro alla macrofamiliare e dall'infra all'interindividuale) retta dalla mascolinità simbolica dell'uno e dalla femminilità, anch'essa simbolica del due (i molti, ovvero i più, fossero anche i subalterni maschi di un superiore di genere femminile o i figli, anch'essi eventualmente maschi, di una madre). Il vertice della piramide, insomma, ha sempre caratteristiche maschili; tuttavia, come il re è femminile rispetto al papa, così il papa è femminile rispetto a Dio. Tutto sta, quindi, a collocarsi correttamente all'interno della piramide nel cui ambito di volta in volta ci si trova, piramide che a sua volta fa sempre parte di una piramide più grande. Al riguardo si veda il grafico sottostante, da ipotizzare quale sezione di piramide, dove (semplificando al massimo) l'elemento centrale della seconda riga è insieme [parte della] base e vertice di due diverse gerarchie. Detto altrimenti, ô è padre di ò e figlio di ó.


ooóoo
oóôóo
o
òòòo

Per quanto un po' approssimativa, nel suo prendere in esame un solo frammento della piramide sociale, l'immagine rende efficacemente l'idea della necessità di una subordinazione dell'inferiore al superiore, subordinazione che opera, come già anticipato, anche a livello infraindividuale. Al nostro interno, infatti, se uno è lo spirito e più d'una le anime (ad esempio, concupiscibile, irascibile e razionale), il corpo simboleggia la divisibilità indefinita, oltre quella cellulare ed oltre quella subcellulare. Come detto altrove, questa semplice osservazione basta a far capire sia l'impossibilità di qualsiasi unione che prescinda dallo spirituale, sia la materialistica «coazione a ripetere» di separazioni, scissioni, schizofrenie e metastasi.
Infine, una citazione dantesca: "raian dall'un, se si conosce, 'l cinque e 'l sei" (Par. XV, 56-7), ovvero questo e l'altro mondo (dunya e akhira, per l'Islam; Terra e Cielo, per la Chiesa). Il cinque rappresenta, infatti, la numerazione decimale atta alla misurazione lineare e terrestre; il sei, quella duodecimale, sferica e celeste.
È del resto possibile, per tornare ai numeri romani, vedere nel denario della X lo sviluppo completo della manifestazione, rappresentato dalla duplicazione speculare, nella X, della V. Ora, simboleggiando la V la piramide della serie dei numeri, la X ne raffigura la doppia serie, crescente e decrescente, indefinita sia in un senso che nell'altro (ad ogni numero, per quanto grande esso sia, potendosi sempre aggiungere un'unità e qualsiasi frazione, per quanto minima, potendosi sempre ridurre aggiungendo un'unità al denominatore, per cui 1/n diventa 1/n+1).
Vi si può vedere un rompicapo, perché non è possibile che qualcosa con un inizio, in quanto decorrente dall'Uno, non abbia una fine. Vi si può vedere una metafora che, rapportando l'Uno ad ognuno di noi, fa della serie crescente il più grande di noi al nostro esterno e, della decrescente, il più piccolo al nostro interno (metafora che suggerisce l'inutilità di cercarlo, questo più piccolo, perché se ne troverà sempre uno ancora più piccolo). Vi si può vedere, come in una favola, attraverso lo specchio (il barzakh islamico) che separa questo mondo dall'altro, «il mondo alla rovescia». Vi si può vedere una clessidra, il rovesciamento della quale, alla fine di un ciclo, è in realtà un raddrizzamento.