Com'è noto, il nobile è l’esatto contrario dello snob, del “sine-nobilitate” che s’inventa uno stile di vita. In effetti, essendo quest’ultimo né più né meno che kathemonico (come chi vuol fare «a modo mio»),* quel che lo differenzia dal nobile è il rifiuto degli obblighi derivanti dal servizio: «chi vuol comandare, serva» e «chi vuol esser primo, si faccia ultimo», perché «chi si umilia sarà esaltato e viceversa». In questa chiave, solo noi zotici moderni potevamo scordarci dell’equivalenza tra il ciào (“schiavo”) della Serenissima ed il servo vostro delle Due Sicilie.
Hai visto mai che pure salve è la metatesi di slave?


* Con «kathemonico» alludiamo alla sostituzione del catholon universale con l’arbitrio personale (kath’emon = ‘secondo me’).

Ciò premesso, l'uomo tradizionale, se ligio alle regole, è sempre nobile. E ciò, a prescindere dal genere. Homo è infatti, nel latino classico, null’altro che l’essere umano, di genere indifferentemente maschile o femminile; solo in tempi recenti il termine comincia ad assumere connotazioni più virili che muliebri (sullo stesso vir, che - come abbiamo visto altrove - è da virtus ed a sua volta da vis, potendosi dire altrettanto: basti pensare alle virtù officinali o al virtuosismo artistico), dando con ciò la stura ad innumerevoli equivoci, sapientemente orchestrati, quali l’assenza dell’anima nella donna (assurdità sulla quale nessun concilio si è mai soffermato), la misoginia dei «secoli oscuri» (illuminati, per fortuna, dal faro della nostra Signora) e, conseguentemente, il femminismo (che è riuscito a fare della donna/domina una schiava perfetta, perché fiera d’esser tale).
A questo rispetto, a prescindere dal fatto per cui non è sempre la stessa persona, quella che qui scrive, anche l’uso del «noi» ci auguriamo che vada sempre inteso in senso humilitatis (cosa peraltro scontata, tradizionalmente, visto che l’adozione del plurale mira unicamente a tacitare la singola [e pertanto non autorevole] individualità, riassorbita secondo i casi nella famiglia, nella stirpe, nella corporazione, nella confraternita, nello Stato o nella Chiesa).