Dalle città senza fogne alle fogne senza città.
Il bel chiasmo precedente, di A.K. Coomaraswamy, spinge a chiedersi se non vi sia un legame tra il fascino esercitato su ciascuno di noi da quanto rimane della città medioevale ed il discredito gettato dall’architetto del secolo dei lumi [e seguenti] sul suo predecessore del millennio delle candele.
E, a proposito di fogne,* siamo sicuri che il vecchio servo della gleba, chino sulla sua zappa, stesse peggio del giovane «prestatore d’opera» (senza pensione, senza contratto a tempo indeterminato, senza la sia pur minima certezza di stabilità) chino sul suo monitor? Al riguardo basterà rifarsi alla norma tradizionale (osservata lungo tutto il medio evo e progressivamente infranta a partire dal cosiddetto «rinascimento») che vuole il primo al lavoro, «settimanalmente, tre giorni per il padrone e tre giorni per se stesso» (servi opera vero tres dies in ebdomade in dominico operent, tres vero sibi faciant), il riposo del settimo giorno essendo consacrato al Signore. Così la Lex Baiuvariorum, codice di diritto 'barbaro', per il quale si rimanda alla Wikipedia in inglese.


* L. Mumford amava ricordare la ragione per cui il livello stradale, in città fino a qualche secolo fa, in paese fino a qualche decennio fa, grazie al sedimentarsi degli escrementi era spesso più alto dell'ingresso di casa. Ed A.K. Coomaraswamy, di nuovo, rimpiangeva i lucidissimi pavimenti in sterco di vacca della sua infanzia. Quanto a chi scrive, nella sua insignificanza, non riesce a scordarsi a) del casalingo "letame" (lætamen) che allietava l'orticello e le cui tracce maculavano la perciò cosiddetta «leoparda»; b) dello scarico del lavandino della cucina, che, lungi dallo scomparire dietro le piastrelle, finiva in un secchio da svuotare ogni volta, per la gioia del maiale; c) dell'acqua che, senza qualche sgomitata sulla manovella della pompa del pozzo, non sarebbe mai salita fino al rubinetto; d) dell'aringa affumicata che penzolava sul tagliere, al centro della tavola, affinché ogni commensale, a turno, la sfregasse sulla propria porzione di polenta ed e) del camino-cheminée le cui faville indicavano il cammino-chemin.