Dell'istruzione coatta.
In Controriforma della scuola L. Walt evidenzia, lungo “tutte le recenti proposte di riforma del sistema scolastico nazionale, da quella D’Onofrio a quella Berlinguer, fino a quella presentata dalla Moratti, una perfetta continuità culturale che rivela l’inconsistenza di troppe critiche strumentali e politiche fin qui udite. Queste, in particolare, non mi sembrano cogliere il cuore della questione, che il riferimento a Comenio, qualora mantenuto sullo sfondo, aiuterebbe invece a percepire”.
A proposito di perfetta continuità culturale, si cita infatti il successore della Moratti, Fioroni, che bacchetta gli insegnanti e dà consigli a laici e prelati sull’ora di religione: "Se la scuola non va bene è anche perché i professori si estraniano dalla cultura giovanile e quindi non hanno gli strumenti per dialogare con i ragazzi. [...] Non è pensabile che un docente che sia tale non viva in una realtà non impregnata di cultura [sic], non sia informato su quello che accade nel mondo, non frequenti un cinema, non ascolti musica, non cerchi di avvicinarsi e conoscere quelli che sono i gusti degli allievi per capire il loro mondo e cercare di avvicinarsi il più possibile ad essi.
Ecco dunque - continua L. Walt - i possibili obiettivi di una formazione scolastica finalmente viva, impregnata di cultura, moderna e di qualità. Materie letterarie: esercizi di scrittura creativa, composizione poesie, visita in libreria con relativo acquisto del libro di Federico Moccia, Scusa ma ti chiamo amore («è stupendo ... anke xkè vivo una storia del genere anke se la differenza d’età è minore ... xò qsto libro fa vedere cm in amre l’età nn conta ... l’amore ti travolge e a volte tu nn te ne rendi conto»); storia: visione film (consigliati Luther. Ribelle Genio Liberatore, e Schindler’s List, entrambi sulla tragedia dell’Olocausto); filosofia: lettura guidata dei quotidiani (vivamente consigliate le pagine culturali di 'Repubblica' e 'Corriere', per non astrarsi troppo dalla «realtà» e comunque restare bipartisan); storia dell’arte: visione del film Pontormo, su artista perseguitato dall’Inquisizione («che però anticipa molto la pittura moderna perché guardate nei colori sembra già Van Gogh pensate è di secoli prima è incredibile che anche molto tempo fa si potessero dipingere cose così davvero bello anche il film mi è piaciuto perché emerge l’umanità dell’artista coi suoi drammi anche sentimentali e la sua volontà di andare sempre contro il potere»); [...] scienze: escursione al vicino museo dei feti parlanti, lettura in classe di Margherita Hack e di altri classici della scienza (consigliato Odifreddi per l’approccio più vicino alla sensibilità dei giovani); [...] religione: continuare così, va tutto benissimo.


oOo

Giungo allora, finalmente, a spiegare - è sempre L. Walt che parla - il mio riferimento a Comenio. Che non è «farina del mio sacco». Lo spunto mi era giunto da quel bizzarro gesuita che fu Ivan Illich, oggi spesso ridotto ad anticipatore del pensiero no-global (ma che fu innanzitutto un buon tomista, malgrado certe posizioni estreme). Cedo a lui la parola, sicuro che qualcosa da dire l’avrà: ‘Allorché agisco in quanto uomo, mi servo di strumenti. A seconda che lo padroneggi o che viceversa ne sia dominato, lo strumento mi collega o mi lega al corpo sociale. Nella misura in cui padroneggio lo strumento, conferisco al mondo un mio significato; nella misura in cui lo strumento mi domina, è la sua struttura che mi plasma e informa la rappresentazione che ho di me stesso. Una metodologia che permetta di individuare la perversione dello strumento divenuto fine a se stesso è destinata a incontrare una forte resistenza fra coloro che sono abituati a misurare il bene in termini di lire o dollari. Platone diceva che il cattivo statista crede di poter misurare ogni cosa e mescola la considerazione dell’inferiore e del superiore con la ricerca di ciò che è più conveniente allo scopo. Il nostro atteggiamento verso la produzione è stato modellato, attraverso i secoli, dal succedersi di simili statisti. Poco alla volta le istituzioni non solo hanno determinato la nostra domanda, ma hanno addirittura plasmato la nostra logica, riducendo il nostro senso delle proporzioni a quello della misura numerica. Si comincia col reclamare ciò che l’istituzione produce, e poi ben presto si pensa di non poterne più fare a meno. E meno si gode di ciò che è diventato una necessità, più si sente il bisogno di quantificarlo. Il bisogno personale diventa una carenza misurabile.
L’invenzione dell’«educazione» è un esempio di ciò che sostengo. Di solito si dimentica che il bisogno di educazione, nel significato moderno del termine, è un’invenzione recente. Essa era sconosciuta prima della Riforma, quando significava semplicemente l’addestramento della prima età che gli animali e gli uomini impartiscono ai propri piccoli. La si distingueva chiaramente dall’istruzione, necessaria al bambino, e dallo studio, al quale alcuni si dedicavano più tardi, sotto la guida di un maestro [...]. L’impresa consistente nel far passare tutti gli uomini per gradi successivi di illuminazione ha le sue più profonde origini nell’alchimia, la Grande Arte del medioevo declinante. Giustamente Giovanni Amos Comenio, vescovo moravo del XVII secolo, pansofista e pedagogo, come lui stesso si definiva, viene considerato uno dei fondatori della scuola moderna. Fu tra i primi a proporre, rispettivamente, sette e dodici gradi di apprendistato obbligatorio. Nella sua Didactica Magna descrive la scuola come uno strumento per «insegnare interamente tutto a tutti» (omnes, omnia, omnino) e abbozza il progetto di una produzione a catena del sapere che diminuisca il costo e accresca il valore dell’educazione, in modo da permettere a ognuno di accedere alla pienezza dell’umanità. Ma Comenio non fu soltanto uno dei primi teorici della produzione di massa, fu anche il grande discepolo dell’alchimista Wolfgang Ratke, e adattò il vocabolario tecnico della trasmutazione degli elementi all’arte di allevare i bambini. L’alchimista si propone di raffinare gli elementi-base purificandone gli spiriti attraverso dodici tappe successive di illuminazione; al termine di questo processo, per il loro maggior bene e per quello dell’universo, gli elementi sono trasformabili in metallo prezioso: il residuo di materia che ha subito sette classi di trattamento fornisce argento, mentre ciò che sussiste dopo dodici prove dà oro. [...] Il modo di produzione industriale è stato per la prima volta pienamente razionalizzato in occasione della fabbricazione di un nuovo bene di servizio: l’educazione. La pedagogia ha aggiunto un capitolo alla storia della Grande Arte. L’educazione divenne la ricerca del processo alchemico grazie al quale potesse nascere un nuovo tipo d’uomo, richiesto dall’ambiente plasmato dalla magia scientifica. Ma, nonostante il prezzo pagato dalle varie generazioni, ogni volta risultò che la maggior parte degli allievi non era degna di accedere ai più alti gradi dell’illuminazione, e dovevano essere esclusi dal gioco perché inadatti a condurre la «vera» vita offerta in questo mondo creato dall’uomo. La ridefinizione del processo di acquisizione del sapere in termini di scolarizzazione non ha soltanto giustificato la scuola dandole l’apparenza della necessità; ha anche creato una nuova specie di scorie, i non scolarizzati, e una nuova specie di segregazione sociale, la discriminazione di chi è privo di educazione da parte di quelli che sono fieri di averla ricevuta. L’individuo scolarizzato sa esattamente a quale livello della piramide gerarchica del sapere è riuscito ad arrivare, e conosce con precisione la sua distanza dalla vetta. Una volta che ha accettato di lasciarsi definire da una amministrazione in base al proprio consumo di educazione attestato dal suo titolo di studio, accetta poi senza batter ciglio che i burocrati determinino il suo bisogno di salute, che i tecnocrati definiscano la sua carenza di mobilità. Modellato in tal modo sulla mentalità del consumatore-utente, non può più scorgere la degenerazione dei mezzi in fini inerente alla struttura stessa della produzione industriale [...]. Condizionato a credere che la scuola può fornirgli uno stock di sapere, arriva a credere anche che i trasporti possano fargli risparmiare tempo o che la fisica atomica, nelle sue applicazioni militari, gli assicuri protezione. Si aggrappa all’idea che il livello dei salari corrisponda al livello di vita e che l’espansione del terziario rispecchi un miglioramento della qualità della vita. In realtà l’industrializzazione dei bisogni riduce ogni soddisfazione a un atto di verifica operazionale, sostituisce alla gioia di vivere il piacere di applicare una misura. Il servizio educazione e l’istituzione scuola si giustificano reciprocamente’.
Non di riforma, dunque - conclude L. Walt - ma di controriforma della scuola si dovrà parlare: una riforma che non passi necessariamente attraverso l’istituzione scolastica [...] ma, più realisticamente, attraverso l’azione congiunta dei singoli, o di piccoli gruppi, o della Chiesa, per preservare un’idea di uomo che sta scomparendo”.

Al riguardo, dobbiamo confessare di non nutrire alcuna speranza in un’inversione di tendenza che, stanti le condizioni attuali, può provenire solo dal basso. Senza un intervento dall’alto, insomma senza il Suo intervento, lo sfascio della piramide gerarchica non può che andare avanti fino alle estreme conseguenze. Tutto ciò che è possibile fare consiste nel tenere accesa la fiammella della consapevolezza dell’esistenza di un tempo passato, e perciò futuro, normale.


oOo

Trascriviamo, da Contro la coscrizione scolastica, tratto da Il Covile e curato da S. Borselli, il seguente florilegio.

  • Monaldo Leopardi: “Un’altra causa principale dello sconquassamento del mondo è la troppa diffusione delle lettere e quel pizzicore di letteratura che è entrato ancora nelle ossa dei pescivendoli e degli stallieri. Al mondo ci vogliono senza meno i dotti e i letterati, ma ci vogliono ancora i calzolari, i sartori, i fabbri, gli agricoltori e gli artieri di tutte le sorta, e ci vuole una gran massa di gente buona e tranquilla, la quale si contenti di vivere sulla fede altrui, e lasci che il mondo sia guidato coi lumi degli altri senza pretendere di guidarlo coi lumi proprii. Per tutta questa gente la lettura è dannosa, perché solletica quegli intelletti che la natura ha destinati ad esercitarsi dentro una sfera ristretta, promuove dubbi che la mediocrità delle sue cognizioni non è poi sufficiente a risolvere, accostuma ai diletti dello spirito, i quali rendono insopportabile il travaglio monotono e nojoso del corpo, risveglia desiderii sproporzionati alla umiltà della condizione, e con rendere il popolo scontento della sua sorte, lo dispone ai tentativi di conseguire una sorte diversa. Perciò, invece di favorire smisuratamente l’istruzione e la civiltà, dovete con prudenza imporle qualche confine; e considerate che, se si trovasse un maestro il quale con una sola lezione potesse rendere tutti gli uomini dotti come Aristotele, e civili come il maggiordomo del re di Francia, questo maestro bisognerebbe ammazzarlo subito”.
  • Karl Marx: “Educazione popolare uguale per tutti? Che cosa ci si immagina con queste parole? Si crede forse che nella società odierna (e solo di essa si tratta) l’educazione possa essere uguale per tutte le classi? Oppure si vuole che anche le classi superiori debbano essere coattivamente ridotte a quella modesta educazione - la scuola popolare - che sola è compatibile con le condizioni economiche, non solo degli operai salariati, ma anche dei contadini?”.
  • Charles Péguy: “C’era un tempo in cui, quando una donna qualunque parlava, la sua stessa razza, il suo stesso essere e il suo popolo parlava in suo nome. Usciva fuori. E quando un operaio accendeva la sigaretta, quello che stava per dire non era quello che il giornalista ha scritto nel giornale di stamani”.
  • José Bergamin: “La decadenza dell’analfabetismo è la decadenza della cultura spirituale, quando la cultura letterale la perseguita e la distrugge. Tutti i valori spirituali appassiscono se la lettera o le lettere morte sostituiscono la parola, che si esprime soltanto a viva voce. Il valore spirituale di un popolo è in ragione inversa alla diminuzione del suo analfabetismo pensante e parlante. [...] La decadenza dell’analfabetismo è, semplicemente, la decadenza della poesia. Dicevo che possiamo osservare in noi stessi il processo di questa decadenza, perché è la decadenza del nostro pensiero quando perdiamo la fede poetica, quando ci alfabetizziamo; e non abbiamo fede quando non abbiamo ragione vera, ragion pura, quando abbiamo sradicato il nostro pensiero dalla poesia; quando utilizziamo o alieniamo praticamente la nostra ragione; perché pratichiamo la lettera invece di praticare la parola, come ha detto l’apostolo; e questa sì che è alienazione razionale: la follia e la stupidità dell’alfabetismo”.
  • Marcel de Corte: “Non solo i nostri ragazzi vanno a scuola, ma noi ammettiamo tacitamente, senza la minima ribellione, che essi passino al laminatoio scolastico fino all’età di sedici o diciott’anni. Tolleriamo, poi, che i programmi e i metodi di insegnamento siano fissati minuziosamente dallo Stato. Verrà il tempo in cui gli uomini, in certi paesi, passeranno un terzo, se non la metà della vita, sui banchi di scuola”.

Sempre da Il Covile riferiamo, a mo’ di chiosa a quanto affermato dal padre del poeta di Recanati, il seguente passo del Protagora. “Ermes chiese a Zeus in qual modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini: «Devo distribuirli come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci si è regolati così: se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la conoscono, e questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo stesso modo per rispetto e giustizia, o posso distribuirli a tutti gli uomini?». «A tutti - rispose Zeus - e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le arti. Istituisci inoltre a nome mio una legge in base alla quale si uccida, come peste della città, chi non sia partecipe di rispetto e giustizia». Per questo motivo, Socrate, gli ateniesi e tutti gli altri, quando si discute di architettura o di qualche altra attività artigianale, ritengono che spetti a pochi la facoltà di dare pareri e non tollerano, come tu dici - naturalmente, dico io - se qualche profano vuole intromettersi. Quando invece deliberano sulla virtù politica - che deve basarsi tutta su giustizia e saggezza - ascoltano il parere di chiunque, convinti che tutti siano partecipi di questa virtù, altrimenti non ci sarebbero città”.


oOo

Prima che l’improbabile lettore giunto fin qui perda definitivamente la pazienza mostrata finora, ci sia concessa una biforcuta considerazione conclusiva. Sulla scorta del brano platonico precedente, e riallacciandoci alle premesse introduttive, diciamo intanto a) che l’estensione a tutti di qualcosa che non compete a tutti cela il solito trucco diabolico di inflazionare prima e svalutare poi, prassi democratica che, in materia di istruzione, si concretizza nell’insegnare ai più quel che non merita d’essere insegnato ad alcuno e, pertanto, nel far scordare ai meno che esistano cose degne d’essere insegnate (foss’anche la nobile arte del «vôtacessi», obbligo iniziale di ogni apprendistato). Ci sembra evidente il parallelo con la sempre minore «affluenza alle urne» dei paesi cosiddetti «civili».
E b), il che rende la citazione di Leopardi senior ingenua da un lato (perché nulla è più lontano dalle intenzioni diaboliche dell’accostumare chicchessia ai «diletti dello spirito») e lungimirante dall’altro, nel suo intuire la carica eversiva della nobilitazione dell’ignobile (ed in questo senso il più lucido è il Marx che, nella seconda parte della citazione a lui dedicata, parla esplicitamente di ignobilizzazione del nobile), diciamo infine che quanto non merita d’essere insegnato ad alcuno, non perché mero vaniloquio, ma perché autentica menzogna storica, scientifica, letteraria, artistica e comunque esistenziale, viene insegnato a tutti. Né si salva il cosiddetto «analfabeta di ritorno», tipo umano sempre più frequente (al pari dell’«inelettore» di ritorno), perché la medaglia della menzogna ha nella scuola il suo aspetto coercitivo e nei media quello [anche letteralmente] ri-creativo. L’aumento della percentuale di «evasori» dell’obbligo scolastico, per lo più successivamente penalizzati sotto ogni profilo, non rappresenta pertanto un motivo di speranza.
È quanto vuole Satana. È quanto gli viene concesso di fare, a lui ed ai suoi accoliti illuministi ed illuminati. Ed è quanto dobbiamo sopportare, cercando di non lasciar spegnere la fiammella di cui s’è detto poc’anzi (non lasciar spegnere e, ove possibile, magari a rischio [metaforico chissà fino a quando] della vita, avvicinarla ad altre candele).