Le nostre nonne e i nostri nonni dicevano «che Dio ci conservi il ben dell'intelletto».* Arcaica saggezza contadina. Sembra che l'uomo contemporaneo non sappia nemmeno che cosa sia, l'intelletto. Neppure nelle facoltà di filosofia si insegna più la distinzione tra intelletto e ragione. E non parliamo di quella tra nous e psiche, ovvero tra spirito ed anima.

* Altra locuzione un po' in disuso è quella del «lume della ragione», fraintesa da chiunque attribuisca alla ragione una luce propria. Solo chi non ignori la corrispondenza tradizionale tra luna e ragione sa che il lume di quest'ultima è il solare intelletto. Aver perso la nozione di intelletto, sicché, significa aver letteralmente «perso il lume della ragione» (perdita che, secondo la consueta prassi moderna dell'inversione semantica, ha coinciso con l'acquisto [del secolo] dei lumi e con il riscoprimento - tra rinascimento e risorgimento - della dea ragione).

Comunque sia, poiché su intelletto e ragione ci siamo intrattenuti spesso, ora torniamo agli antichi, che attribuivano allo zafferano la virtù di corroborare l'intelletto.
Il tema interessante riguarda l'eventualità di un nesso tra lo zafferano e lo zaffìro (o «lapislazzulo», cioè "pietra azzurra"), essendo quest'ultimo del medesimo colore del manto della Vergine. Non chiediamoci che c'entra la Madonna, sia perché Lei c'entra sempre e comunque, sia perché, essendo l'intelletto al difuori della portata degli spiriti maligni (legati al mondo intermedio [tra cielo e terra], vale a dire all'anima, a sua volta intermedia tra spirito e corpo), chi ci difende dal serpente se non Colei che è delegata a schiacciargli la testa? Inoltre lo zaffìro, come attesta Dante (Paradiso, XXIII, 101), è un classico simbolo della Vergine.
Il nesso sembra trovarsi nella radice ZFR, comune sia allo zafferano (za'faran in arabo e zâfara in persiano) che allo zaffìro (safîr in arabo e zaffir in persiano) anche nelle lingue occidentali. Si può aggiungere che, stante l'equivalenza tra ZFR e SFR, ora entra in gioco anche la contabilità celeste.* C'è infatti un bel passo evangelico (Luca, XII, 4), nel quale ci viene garantito che tutti i capelli della nostra testa sono contati, non perché noi li si debba restituire (sennò per chi scrive sarebbero guai), ma perché chi ce ne torce anche uno solo poi se la vedrà col Signore.
Conteggio divino, quindi, come protezione.

* Il cielo è celeste, vero. Quand'è particolarmente sereno (ovvero quando - come dice Petrarca - "Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena"), però, si fa turchino come lo zaffiro. E non ci si chieda che c'entra la Madonna coi turchi, perché il turchino ed il turchese coincidono. D'altro canto la Theotòcos ha trascorso i suoi ultimi anni terreni proprio in Turchia.

Ora, riepilogando, se a) lo zafferano protegge l'intelletto, b) l'intelletto è inattaccabile dal diavolo, c) la Vergine protegge dal diavolo, d) lo zaffiro è un emblema della Vergine e e) il conteggio [dei capelli] è sinonimo di protezione, lo stesso legame che unisce zafferano e zaffiro deve estendersi all'enumerazione.
Bene. Come è noto, «cifra» è dall'arabo sifr. Quel che forse è meno noto è il significato di sefirot, che, in ebraico, sta per "enumerazioni". E qui la cosa improvvisamente assurge a livelli metafisici, perché la prima sefirà (Keter) ha tra i suoi significati anche il Nulla. Analogamente, l'arabo sifr identifica lo Zero. E sefar, ancora in arabo, sta per "non-Essere".
Come potrà proteggerci, il Protettore assente (eppur presente), nel safari della vita, se non tramite lo zaffìro/zafferano virginale e materno?