Altrove abbiamo parlato della lettera H, sia sotto il profilo musicale e cristocentrico che sotto quello puramente fonetico, ormai quasi scomparso.
Stavolta, sulla scorta di un bel saggio di Claudine Vassas (Le corps à la lettre ou les quatre femmes de Jacob), ne esaminiamo in breve l'aspetto divinamente creativo ed umanamente riproduttivo.
Ricordiamo il brano biblico delle figlie di Labano, Rachele e Lia, entrambe spose di Giacobbe. È il cap. 29 della Genesi, il cui trentunesimo versetto afferma che "il Signore, vedendo Lia trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile". Si noti che la grafia corretta dei due nomi è Léah e Rachel.* Anche per le rispettive serve, Zilpah e Bilhah, vale l'analogia tra prolificità e presenza della lettera H.

* Bisogna sapere che l'ebraico «Rachel» si dovrebbe trascrivere con una 'h' anomala che, in qualche modo, renda la lettera héth (da pronunciare con un suono gutturale) e non la lettera . Forse perciò, quando finalmente Rachele partorisce (Gen. 30, 22), il fenomeno dell'aggiunta della H non si ripete. E va anche detto che i suoi sono parti difficili, tant'è che il secondo lo paga con la vita (Gen. 35, 18).

Adesso facciamo un piccolo passo indietro, verso Abramo. Come noto, la legittima moglie Sarai è sterile (Gen. 16, 1), laddove Hagar, la schiava egiziana, no. Ora, quando il Signore annuncia ad Abramo la maternità di Sarai, gli ordina di cambiarne il nome in Sarah (Gen, 17, 15) e, allo stesso patriarca, reso "padre d'una moltitudine di popoli", ingiunge "non ti chiamerai più Abram, ma Abraham (Gen. 17, 5). "L'efficacia dell'aggiunta di una lettera presente per ben due volte nel tetragramma divino IHVH - continua l'autrice - è evidente. Il redattore del Tseenah Ureenah, Jacob Ben Isaac, vi insiste a più riprese: 'Solo quando Sarah e Abraham ebbero una H nei loro nomi furono in grado di avere un figlio'. [...] Indubbiamente il Dio d'Israele è il grande fertilizzatore, oltre che il grande sterilizzatore; è Colui che possiede le chiavi per aprire e chiudere l'utero a Suo piacimento ed è infine Colui che, secondo una venerabile tradizione, ha anche caratteristiche femminili. Non a caso, uno dei Suoi nomi è Shaddai (da shadayim, 'mammelle')".

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Un ultimo appunto sulle pratiche tradizionali per combattere la sterilità riguarda proprio lo shaddai. Si tratta di un amuleto, d'argento o d'oro, spesso donato alla nascita, su una faccia del quale sono incise le iniziali della proprietaria e, sull'altra, il nome divino in questione. Analoga funzione è quella svolta dalla mano ornata con la lettera H, la cosiddetta «main de fatmah», che gode di grande favore presso le donne sia musulmane che giudee (in particolare nord-africane). E tuttora è usanza magrebina scrivere la lettera H su un pezzettino di carta ed ingoiarlo, a mo' di pillola fecondativa.