In latino, il prefisso prae sta per "davanti [a]", "al cospetto [di]" e pertanto "imminente", "incipiente", "incombente" (l'avverbio 'presto' derivando infatti da prae-stare). Quindi, per quanto «presentare» e «presentire» abbiano significati diversi, la loro convergenza fonetica suggerisce un'equivalenza tra "porre avanti" e "sentire prima". Tuttavia, come già detto a proposito dei participii «precedente» e «seguente», affinché «avanti» e «prima» coincidano, bisogna precisare il riferimento di questo alla dimensione temporale e di quello alla dimensione spaziale. In assenza di tale specificazione, «prima» può esser sinonimo di «dietro», come «avanti» di «dopo».

Un dono è un «presente», perché il regalo viene presentato (cioè "posto di fronte") a chi lo riceve. Similmente Sempronio, previa conoscenza di entrambi, presenta Tizio a Caio e viceversa, facendo loro dono della rispettiva conoscenza. È inutile precisare che, se Tizio e Caio hanno un bell'aspetto e non appartengono allo stesso sesso, il dono è più gradito.

Il 'presente', in quanto dono concreto (opposto cioè all'astrattezza di un passato che non c'è più e di un futuro che non c'è ancora), implica sempre un ringraziamento. E che Dio ci perdoni l'incuria di non ringraziarLo ogni volta, tanto più che il «perdono», stante il valore intensivo del prefisso 'per' (perì in greco, pàri in sanscrito, a loro volta affini ad yper, upàri e pertanto all'iper italiano ed all'über tedesco), è il dono per eccellenza: l'iperdono.