Perché i colori del Vaticano sono il giallo e il bianco? Subito si pensa all'oro e all'argento (rispettivamente, autorità spirituale e potere temporale), cioè al sole e alla luna (insieme, nella donna dell'Apocalisse e nelle due chiavi dello stemma araldico presentato più avanti), ma le cose non stanno esattamente così. Va rovesciato l'ordine: prima il bianco e poi il giallo.
Quindi si può procedere ad associazioni quali: il latte ed il miele [dei fiumi paradisiaci], l'acqua ed il vino, l'albume e il tuorlo [dell'Uovo del mondo], nelle quali, come si vede, il primo termine appare più insipido e meno «sostanzioso» del secondo. Perché? Perché la sostanza (substantia = ciò che sta sotto) è terrena, mentre l'essenza è celeste.
A proposito di essenza, che cosa è più essenziale (o 'concentrato') del seme? Potremmo addirittura proporre la metafora del bianco per il seme e del giallo per l'orina. Bianco e giallo, in questa chiave di lettura, simboleggiano Cielo e Terra. Non a caso il pontefice (pontifex) è colui che fa il, o che fa da, ponte tra Cielo e Terra. Inoltre, uno dei simboli più antichi e più universali di questo collegamento è l'Albero rovesciato (e visibile - almeno graficamente, come albero genealogico o linguistico - perché «sostanzioso»), dalle radici celesti e dai rami terrestri, immagine speculare dell'Albero diritto (e invisibile, ovvero incolore, cioè trasparente e perciò allegoricamente bianco), le cui radici si intrecciano a quelle dell'altro, giallo.
Ma l'esempio classico è nella tradizione persiana, che parla di "due tipi di haoma: il bianco, che poteva esser raccolto solo sulla montagna sacra detta «Alborj», ed il giallo, che sostituì il primo [...] nelle fasi successive dell'oscuramento spirituale".* Ora, stante questa preminenza del bianco sul giallo, preminenza che va intesa sia come precedenza temporale sia come eminenza spaziale (prima e dopo come alto e basso, cioè, nello stesso senso in cui si parla di medioevo alto e basso, ad esempio), ci si può chiedere se l'apparente «povertà» del bianco rispetto al giallo, evidenziata nelle associazioni di cui sopra, non abbia qualche conferma lessicale, magari giocosa. Prima di procedere, però, sembra bene evidenziare come la ricchezza di lassù rappresenti il contraltare dell'indigenza di quaggiù, analogamente alla sapidità contrapposta all'insipienza. A quest'ultimo proposito viene in mento il detto confuciano che vuole l'amicizia offerta dal saggio "scialba come l'acqua, ma durevole" e quella offerta dallo stolto "vivace come il vino, ma effimera".


* Così R. Guénon in Il Re del mondo. Quasi negli stessi termini il medesimo si esprime in Studi sulla Massoneria II e in Simboli fondamentali della scienza sacra, aggiungendo lì un paragone tra il soma vedico e la bevanda d'immortalità contenuta nel sacro Graal (prima surrogata dal vino, ad esempio nella tradizione ellenica, poi «riscattata» dalla prospettiva cristiana nel sangue di Cristo). Al riguardo, potrebbe non esser del tutto azzardato supporre un parallelo tra il bianco ed il giallo della Chiesa e l'acqua e il sangue (il vino, il soma, ecc.) sgorgati dalla ferita nel costato di Gesù (cfr. Giovanni, XIX, 34).

In greco, "bianco" è leucòs, che significa anche "lucente". Se oggi appare opaco è perché bisogna "aspettare" ([to] wait), nell'umiltà delle rispettive mansioni di waitress e di waiter, che il "bianco" (white) torni a splendere. Il chiarore dell'alba ("bianca", in latino) non può tardare. L'importante è sapere che il dulcis sta in fundo, perché chi il dolce lo vuole subito scoprirà che in cauda c'è il venenum. D'altro canto quel che sembra dolce, ovvero il giallo [dei piaceri terreni], è in realtà amaro, ovvero amarillo ("giallo", in spagnolo). Meglio astenersene. Grazie all'astinenza dal jaune scanseremo la jella dello yellow.
Come premesso, abbiamo "giocato" (lusum, in latino). Ed ora smettiamo di giocare, de-ludiamoci cioè dall'in-lusione del simbolo univoco e ripristiniamo la priorità del giallo sul bianco, ovvero dell'oro sacerdotale sull'argento regale. D'altro canto, bisogna sempre specificare la direzione di lettura: nella margherita, ad esempio, chi viene prima, il bianco dei petali o il giallo della corolla?

Da un altro punto di vista, ma in questo ordine di idee, anche Guénon sottolinea come, pur rappresentando il bianco il Cielo e, il nero, la Terra, nella Bhagavad Gītā il "bianco" e luminoso Arjuna sia sottomesso al "nero" ed opaco Krishna, quello simboleggiando la Manifestazione e questi l'Immanifesto.

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Qui sopra, da sinistra verso destra (per chi legge), gli stemmi papali di Benedetto XVI e di Francesco I. Al riguardo, nelle schede relative ai due pontefici, la Wikipedia non scarseggia di utili informazioni, la più 'intrigante' delle quali - a nostro modesto parere - riguarda il pallio.* Per finire, va precisato che il campo bianco e giallo appare nella bandiera pontificia solo dal 1808, in sostituzione del precedente giallo-rosso.

* In merito al pallio, insegna liturgica alla quale J. Ratzinger tiene particolarmente, visto che a) figura nel suo stemma papale, b) tuttora, nel 2014, benché «vescovo emerito», non intende privarsene e c) ne ha fatto dono alla salma di Pietro da Morrone, ben quattro anni prima di imitare quest'ultimo, si rinvia di nuovo alla Wikipedia. Sempre nella medesima, si consiglia la lettura anche dell'ottima pagina intitolata Che fece per viltade il gran rifiuto. Infine, circa questo verso del III canto dell'Inferno, a noi, nel nostro piccolo, sembra difficile che Dante alludesse a Celestino V. Più probabile ci appare l'ipotesi di Esaù, avanzata dal Boccaccio, o di Pilato, avanzata dal Pascoli. E facile sarebbe - ma appare anche nel XIX canto - il riferimento a Clemente V, 'pastor senza legge' (ivi, 83) troppo 'molle' (ivi, 86) per impedire la strage dei templari.