C'è una ricerca spasmodica, in giro, non dell'anima gemella (che, tanto, si sa in partenza quanto sia effimero il gemellaggio), ma di qualcuno/a che ti stia a sentire con attenzione-apprezzamento-stima.
Impresa ardua. E spesso perigliosa, in più d'un caso.
Un "caso è odierno - annota Valerio Lo Monaco, in Come don Chisciotte - e mi riguarda da vicino. Uno degli ultimi articoli scritti per questo giornale ha avuto un discreto successo, in termini di diffusione su internet [...]. Ebbene, ripreso il pezzo da vari siti e social network, è stato commentato in vari luoghi. Impossibile seguirli tutti, figuriamoci rispondere a tono, caso per caso. Non solo per una questione di tempo da accordare all'operazione, quanto per l'assoluta inutilità del farlo, nella maggior parte dei casi. [...] A me interessano solo i rapporti tra miei pari. Intendo tra persone che ragionano, magari sono in disaccordo, ma con le quali, insomma, è possibile instaurare una dialogo. [...] È impossibile (oltre che inutile) rispondere a chi dimostra di non aver capito una sola parola di quanto ha letto [...]. Ora, nella comunicazione, vige di solito una regola generale: se chi ti legge non capisce, significa che hai sbagliato tu che hai scritto. E la cosa è vera, almeno sino a un certo punto. Questo punto è però quello della comprensione minima di un periodo scritto, semplice semplice. Si può anche cercare di scrivere e spiegare al meglio le proprie tesi, ma se ci si imbatte in analfabeti non è certo possibile fare tentativi di sorta".



Fin qui, per quanto riguarda l'attrazione, ovvero il moto centrifugo dall'interno verso l'esterno, cioè la ricerca dell'interlocutore.
Circa la repulsione, ovvero il moto centripeto verso l'interno, cioè la fuga dall'interlocutore, Massimo Fini (ne Il Fatto Quotidiano) riferisce quanto segue.
"Quando ero un giovane giornalista, [...] mi meravigliavo che i miei maggiori, quelli che almeno conoscevo io, Giorgio Bocca, Oreste Del Buono, Indro Montanelli, si rifiutassero categoricamente di rispondere alle lettere personali dei lettori (non quelle che si scrivono ai giornali) e tantomeno di ricevere fan o presunti tali. Mi sembrava una manifestazione di chiusura, un segno di indifferenza e di grettezza, soprattutto nei confronti dei giovani. Negli anni ottanta, al Giorno di Zucconi e Magnaschi, [...] ricevevo circa una cinquantina di lettere alla settimana. Cercavo di rispondere a tutte, scartando solo quelle chiaramente deliranti. Ho passato quasi tutti i pomeriggi delle mie domeniche, facendo infuriare la mia fidanzata, in questa occupazione. Ma alla fine ho dovuto riconoscere che evevano ragione Bocca and company. Un lettore ti scrive qualcosa di interessante, di intelligente e tu rispondi, non con semplici formule di cortesia («la ringrazio», «mi fa piacere avere un lettore attento come lei»), ma sulle sue argomentazioni, sviluppandone altre. Lui ti riscrive e tu non rispondi più. E il lettore s'incazza. Lo prende come un segno di superbia. Non capisce che non puoi tenere una corrispondenza continuativa con tutti quelli che ti scrivono, anche cose profonde e da approfondire, perché altrimenti non solo non avresti più il tempo di lavorare, ma nemmeno di vivere. [...] Non c'è quasi fan, o presunto tale, che alla fine non tiri fuori da sotto i panni un suo scritto, un romanzo, un saggio che considera - ovviamente - fondamentale".

I due interventi di cui sopra, che potremmo rispettivamente distinguere come 'd'apertura' e 'di chiusura' [rispetto all'esterno], si differenziano anche da un altro punto di vista, che è quello relativo alla qualità dell'interlocutore. Nel primo, infatti, Valerio Lo Monaco si duole solo dell'incontro con "analfabeti", confessando di nutrire ancora interesse per "i rapporti tra miei pari". Nel secondo, Massimo Fini invece dichiara di non poter "tenere una corrispondenza continuativa con tutti quelli che ti scrivono, anche cose profonde e da approfondire, perché altrimenti non solo non avresti più il tempo di lavorare, ma nemmeno di vivere". Se perciò l'obiettivo del primo sembra quello di un'apertura discriminata, quello del secondo è una chiusura indiscriminata. Obiettivi diversi, ma entrambi incompatibili, a ben vedere, con lo scopo sotteso sia all'uno che all'altro: "un discreto successo - dice ancora Lo Monaco - in termini di diffusione su internet".