Repetita juvant. Le ripetizioni giovano, rendono giovane chi le impartisce e gioviale chi le subisce. O viceversa, visto che giovano ad un portafogli solo, dei due.
Un giovane gioviale, ma screanzato, arrivò a dire che repeto sta per “scorreggio di nuovo”; e chi scrive, pur redarguendolo aspramente, dovette apprezzare l’arguzia.
Schopenhauer, in Sul mestiere dello scrittore e sullo stile, afferma: “Un libro importante dev’essere letto subito, ma per due volte; in parte perché le cose - nella loro concatenazione - vengono capite meglio la seconda volta (si riesce cioè a comprendere il principio solo dopo aver conosciuto la fine); in parte perché, nei confronti di ogni brano, la seconda volta ci troviamo in un diverso stato d’animo, rispetto alla prima, e, grazie a ciò, l’impressione risulta diversa. È come vedere un oggetto in un’altra luce”.


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Abbiamo detto, in precedenza, che il movimento combina tra loro tempo e spazio, permettendo ad esempio di coprire più spazio in meno tempo. È vero e non è vero. Si può tranquillamente dire che il tempo si riduce in maniera proporzionale all'aumento dello spazio, ovvero che, maggiore è lo spazio da coprire, minore è il tempo di cui si dispone per coprirlo. In questo caso l'incremento della velocità, cioè del movimento (ammesso - e non concesso - che velocità e movimento abbiano qualcosa in comune), non corrisponde ad un incremento del tempo. Per giunta alle due variabili in questione, tempo e spazio, l'aggiunta del movimento genera ulteriore complessità: ad esempio, bisogna distinguere tra il movimento del soggetto e quello dell'oggetto, oppure tra il movimento proprio del singolo e quello altrui del circostante (o della collettività). Intendiamo dire che, in termini visivi (e televisivi), il moto dell'attore e l'immobilità dello sfondo o l'immobilità dell'attore ed il moto dello sfondo, pur avendo lo stesso effetto, non coincidono. Quanto meno, in teoria non coincidono. In altre parole, c'è differenza tra a) io sto fermo, ma si muove il paesaggio e b) io mi muovo? E se ci muovessimo entrambi, sia pure con velocità diverse?
D'altra parte, cedendo il passo al poeta (vedi), la mobilità dell'osservato non corrisponde alla mobilità dell'osservatore. In quest'ultimo si ha il moto oculare, certo, come nel caso della lettura, ma non sembra il caso di equiparare una lettura veloce alla velocità dello sguardo (pensare rapidamente e non muoversi affatto essendo ben compatibili); inoltre mettere a fuoco un particolare, cioè «zoomare» (vedi), non significa solo sbarrare gli occhi.

Tornando al libro ed alle sue riletture, rapportando quello allo spazio e queste al tempo, si può concludere che, più libri si hanno, meno li si legge (o, nel migliore dei casi, meno lentamente li si legge); a maggior ragione, meno li si rilegge. Ma pure questo è vero e non è vero. Ci sono troppe variabili, in gioco. Più libri si sono letti, sia pure con una scorsa veloce, più è agevole scegliere quei due o tre che meritano una - o più d'una - rilettura. Non per nulla san Tommaso borbotta: "Timeo hominem unius libri". Troppe variabili. Lasciamo da parte il movimento (che abbiamo visto potersi tradurre in superficialità) e fermiamoci a tempo e spazio. Se riuscissimo a fermarci abbastanza a lungo, come una quercia plurisecolare, il nostro spazio, benché ristretto, cambierebbe instancabilmente.