Non si può metterle il sale sulla coda, alla lingua, almeno non a quella parlata.* Prendiamo il caso di «però»: in italiano classico significa "perciò", in quello moderno, "invece". Caso analogo è quello dell'«ospite», ruolo che non si sa se attribuire all'ospitante o all'ospitato. Per quanto talvolta si possa ovviare all'inconveniente, spesso è solo il contesto quello che aiuta. Così il verbo «compatire», sul quale abbiamo indugiato altrove: tra il compassionevole, il compatito e il compatibile, com-patisce colui che prova compassione o colui che fa compassione? Per dir meglio, se X compatisce Y, il cum-pathos di X è con Y o di Y? In altre parole, X soffre davvero insieme ad Y (e soffre psichicamente, cioè sentimentalmente, visceralmente, quindi corporalmente, della sofferenza di Y) oppure si limita a nutrire un misto di pietà e di disprezzo per Y? Pleonasticamente, duplicando cioè la preposizione, X compatisce con Y o compatisce - e basta - Y?


* A quella parlante, sì. Magari sulla punta, se non sulla coda.

Lo stesso interrogativo si pone col tedesco «schadenfreude» (da schaden, "disgrazia" e freude, "gioia"), termine sul quale la Wikipedia è particolarmente prodiga di informazioni,* che abitualmente si usa in senso malevolo, sottintendendo propria la gioia ed altrui la disgrazia. Da questo punto di vista, è l'esatto opposto della compassione di cui sopra, sia cristiana che buddista. Tuttavia, in assenza di precisazioni, potrebbe essere schadenfreude anche quella del masochista e quella dell'asceta, che unifica soggetto e oggetto.

* C'è addirittura l'immancabile citazione 'scientifica', secondo cui "la somministrazione intranasale di ossitocina risulta aumentare i livelli di invidia (in caso di perdita) e di schadenfreude (in caso di vittoria) su giocatori impegnati in giochi d'azzardo". Ma il fascino della pagina in questione - almeno per chi scrive - è dato dall'abbondanza di versioni in altre lingue del concetto di schadenfreude, concetto che sembra esplicitato appieno solo in giapponese ("le disgrazie altrui sanno di miele", tanin no fukou wa mitsu no aji, 他人の不幸は蜜の味).

Al binomio in questione si apparenta anche il nostro proverbiale «mal comune = mezzo gaudio», meno equivocabile da un lato, nel suo presupporre una disgrazia condivisa, ma non altrettanto dall'altro, perché il 'gaudio', ancorché dimezzato, può intendersi sia condiviso che egoistico. In quest'ultima accezione si può proporre una nuova lettura di schadenfreude, lettura psicoanalitica secondo la quale chi si ritiene disgraziato può gioire estendendo ad altri la propria disgrazia (senso di inferiorità, complesso di colpa, ecc.). In gergo, è detta «proiezione», termine di cui abbiamo parlato a proposito dell'idealismo, evidenziando come la cosiddetta «realtà obiettiva» sia null'altro che una soggettiva visione del circostante.
Tornando al nostro proverbio, sicché, il 'mal comune' può anche consistere nella collettivizzazione della disgrazia-schaden propria ("io faccio pena, perciò anche gli altri debbono fare pena"). Mal comune = mezzo gaudio [di Freud].