Diceva, un po' cinicamente, Andreotti che "il potere logora chi non ce l'ha".
Sì e no. Dipende dalle circostanze, dal punto di vista, da quel che si intende per «potere». Certamente, per un maschio, la mancanza di potere intesa come 'impotenza' è un problema.
Ciascuno di noi ha la propria «equazione personale», per usare una fortunata locuzione di Evola. Chiamiamola pure «quadro astrale» o 'imprinting celeste', ad ogni modo determina, cioè letteralmente "pre-stabilisce" la soggettiva visione del mondo (visione che, come già ripetuto a josa, non coincide con la realtà obiettiva, visibile solo all'Uno).* In altre parole, il mondo del miope non è lo stesso mondo del presbite e né questo né quello sono il mondo del cieco. L'equazione personale di chi scrive, col suo Sole nella virginea sesta casa,** tra le varie conseguenze che ne derivano, per esempio, rifugge da qualsiasi velleità di potere. Potere come dominio, voglio dire, e velleità di dominio nei confronti dei miei simili umani, perché apprezzo la sottomissione animale, vegetale e minerale. In quest'ultimo caso - dall'aspirapolvere al trapano - la esigo addirittura.


* O a chi Vi si è avvicinato. A titolo esemplificativo, vedi.

** Quella domestica, in penombra perpetua, di famiglia e di famula [che tira la carretta]. Mi si addice, avendo lucidamente voluto questo destino - secondo la Sua volontà - in sede prenatale.

Parlavo di potere, ambizione che non capisco ma che, a quanto pare, rappresenta lo scopo della maggior parte delle azioni umane, vuoi come acquisizione [di potere], vuoi come conferma [di potere] e vuoi come accrescimento [di potere]. Mi servo del termine in senso tradizionale, limitandolo cioè alla sola temporalità terrena. In questo senso un potere ortodosso, cioè da seconda casta, è sempre subordinato all'autorità sovratemporale della prima casta (i cui esponenti dovrebbero - necessariamente - esser esenti da brame di potere).
Ciò, in tempi normali. Nei tempi attuali, in cui la norma è sistematicamente sovvertita, l'amministrazione del potere viene eseguita (e perseguita) da quella terza casta tradizionalmente dedita al maneggio della moneta.* In quest'ottica si spiega il bizzarro comportamento di chi, arricchitosi grazie al commercio, si sente autorizzato a legiferare in materia di ambiente, eugenetica, immigrazione, sessualità e politica (cioè - ovviamente - di democrazia).


* Il monito della moneta è nel suo sigillo sacerdotale, che non implica però alcun contatto fisico (delegato alle caste subordinate) col 'vile denaro'. Parlando più o meno simbolicamente, alla regale seconda casta ne compete la distribuzione (o circolazione, tra il dare del sussidio ed il prendere della tassa) ed alla terza - commerciale - la tesaurizzazione (o moltiplicazione).

Di nuovo così si spiega la natura di questi ultimi anni, spesso definiti «di crisi sistemica»: un sistema di potere retto da una casta non qualificata [e pertanto inabile] alla reggenza non può che andare in crisi. Crisi economica, perché legata alla terza casta, ma crisi terminale. Sull'argomento si è soffermato A. Bagnai (in TTIP: la storia si ripete). L'economista scrive: "Le persone colpite dalla crisi, che appartengono agli ambiti più disparati, ogni tanto reagiscono, e lo fanno in base al proprio bagaglio culturale e alla propria esperienza di vita, com'è normale che sia, e ciascuno ponendo se stesso, quello che sa e quello che ha fatto, come chiave di lettura privilegiata. È umano. Abbiamo così letture botaniche della crisi, letture filateliche della crisi, letture giuridiche della crisi, letture naturalistiche della crisi, e chi più ne ha più ne metta. Da ognuno c'è qualcosa da imparare, ma rimane il fatto ineludibile che questa è una crisi economica, è cioè quella cosa che si verifica quando - per motivi che abbiamo illustrato tante volte - la gente si trova senza soldi in tasca". Correttamente, pertanto, l'economista vede la sola lettura economica.
In ogni caso, è una crisi dei molti poveri, non dei pochi ricchi. Una crisi i cui effetti sono di natura economica, non le cause. Il denaro è un mezzo, non un fine.*
È quindi una crisi dovuta alla libidine di potere (dei pochi ricchi, avidi di diventare sempre più ricchi e sempre più pochi), passione che - per riprendere il filo del discorso - sembra guidare la maggior parte delle azioni umane.** In effetti, anche le accezioni metaforiche della parola «potere» si potrebbero ricondurre a quella letterale: sotto il profilo erotico, per esempio, il maschio mira al dominio del corpo della femmina e quest'ultima al dominio dell'anima di quello. E tralasciamo gli aspetti magico-esoterici del potere, magari al plurale (siddhi, in sanscrito), che dimostrano quanto possa aversi di terreno anche nelle pretese ultraterrene.


* Ciò vale soprattutto per il denaro moderno, cartaceo o elettronico. Il caso dell'oro è diverso, trovandosi chi vuole in oro massiccio anche la rubinetteria.

** Si direbbe infatti che, tolto colui il quale sia animato da sinceri interessi oltremondani, oggi si sia fatto piuttosto esiguo il numero di coloro che vogliono solo starsene in pace. E lasciar stare in pace.