Parlando con un'amica, mia moglie diceva che il bianco è più consono del nero, alla morte. Così è in Giappone, infatti. Ascoltando, m'è venuta in mente la ripartizione cromatica della cosmologia taoista: turchese al levante (o legno; Giove, chez nous) e rosso al mezzogiorno (fuoco, Marte), bianco all'occidente (metallo, Mercurio) e nero alla mezzanotte (acqua, Saturno).
La terra, Venere, è il giallo geocentrico.*
Si può dedurre che il bianco sia connesso al momento del trapasso,** mentre il nero spetti ad una fase ulteriore della decomposizione. Ulteriore o precedente, secondo il punto di vista relativo al tipo di vita di cui si vuol parlare: umano, angelico? Sub o super umano? In termini alchemici, l'«opera al nero» è quella iniziale.


* Detto per inciso, la zoo-simbologia domestica collegata è meditabile a volontà: il gallo all'alba, il montone meridiano, il cavallo al tramonto ed il maiale notturno. La vacca, al centro.

** È meglio definirla «trapasso», anziché «morte», la dipartita. Bianca come un lenzuolo, o come la bandiera della resa incondizionata, quest'ultima non è che un passaggio [di consegne] lungo il viale del tramonto. Sembra evidente, peraltro, che un corpo morto non è privo di vita, visto - a volerlo vedere - il brulichìo che vi alberga. Certo, sebbene non in senso dantesco, è una vita nuova, una vita cioè non subordinata al principio unificatore dell'individuo (o dell'inquilino precedente), una vita insomma un po' scoordinata, una vita «moderna».