Sulla figura del «capo», termine da intendere in tutte le sue accezioni, compresa quella anatomica (perché caput imperare, non pedes) e su Fernão de Magalhães, nobiluomo portoghese più noto come Magellano (che a noi piace immaginare così), trascriviamo di seguito alcune righe di A. Pigafetta, tratte dalla già altrove citata Relazione del primo viaggio intorno al mondo (1519, per l'esattezza "Viaggio atorno il mondo fatto e descritto per messer Antonio Pigafetta vicentino, cavalier di Rhodi, e da lui indrizzato al reverendissimo gran maestro di Rhodi messer Filippo di Villiers Lisleadam, tradotto da m. Gio. Battista Ramusio di lingua francesa nella italiana").

[...] lo capitano cavò la sua spada, innanzi l'immagine de Nostra Donna, e disse al re che quando cosi se giurava, più presto doveriasi morire che rompere un simile giuramento: sicchè 'l giurava per questa immagine, per la vita de lo imperatore suo signore e per il suo abito, d'esserli sempre fedele. [...] lo capitano disse loro che abbruciassero detti idoli e credessero in Iesú Cristo, che, se questo ammalato si volesse battezzar, subito guariria: il che se non fusse vero, era contento che gli fusse tagliata la testa. Allora rispose lo re che lo farebbe, perché veramente credeva in Cristo. Facessemo una processione da la piazza fino a la casa de lo infermo, al meglio potessemo, ove lo trovassemo che non poteva parlare né moverse. Lo battezzassemo con due sue mogliere e diece donzelle. Poi lo capitano gli fece dire come stava: subito parlò e disse come per la grazia de Nostro Signore stava assai bene. Questo fu uno manifestissimo miracolo nelli tempi nostri. [...] lo capitano deliberò de andarvi con tre battelli. Lo pregassemo molto non volesse vegnire, ma lui, come bon pastore, non volse abbandonare lo suo gregge. A mezza notte se partissemo sessanta uomini armati de corsaletti e celate, insieme al re cristiano [...]. Li indii, conoscendo lo capitano, tanti se voltorono sopra de lui, che due volte li buttarono lo celadone fora del capo; ma lui, come buon cavaliero, sempre stava forte. Con alcuni altri più de una ora così combattessemo e, non volendosi più ritirare, uno indio li lanciò una lanza de canna nel viso. Lui subito con la sua lancia lo ammazzò e lasciogliela nel corpo; volendo dar di mano alla spada, non potè cavarla, se non mezza per una ferita de canna che aveva nel brazzo. Quando visteno questo tutti andorono addosso a lui: uno con un gran terciado (che è como una scimitarra, ma più grosso), li dette una ferita nella gamba sinistra, per la quale cascò col volto innanzi. Subito li furono addosso con lancie de ferro e de canna e con quelli suoi terciadi, fin che lo specchio, il lume, el conforto e la vera guida nostra ammazzarono [...]. Quando lo ferivano, molte volte se voltò indietro per vedere se èramo tutti dentro ne li battelli: poi, vedendolo morto, al meglio che potessemo, feriti, se ritrassemo a li battelli, che già se partivano. Lo re cristiano ne avrebbe aiutato, ma lo capitano, innanzi che desmontassimo in terra, gli commise che non si dovesse partire. Quando lo re seppe come era morto, pianse [...]. Se non era questo povero capitano, niuno de noi si salvava, perché, quando lui combatteva, gli altri si salvavano ne li battelli. [...] fra le altre virtù, che erano in lui, era lo più costante [nelle avversità] che mai alcuno altro fosse al mondo: sopportava la fame più che tutti gli altri, e più giustamente che uomo fosse al mondo carteava e navigava, e, se questo fu il vero, se vede apertamente, niuno altro avere avuto tanto ingegno né ardire di saper dare una volta al mondo come già quasi lui aveva dato.