La ricchezza delle lingue morte o moribonde, come il dialetto, riesce sempre a stupirmi. Se si ha l'accortezza, per esempio, di declinare internamente il vocabolo, si chiarisce subito la mascolinità di accuort' e la femminilità di accort'. Per non parlare di reperti - o letteralmente di 'superstizioni' - quali il duale, l'aoristo e suppellettili consimili.* A chi scrive, insomma, il passato sembra più ricco del presente. Lo ieri, più dell'oggi. L'antico, più del moderno. Il primitivo, più del primaticcio primate contemporaneo. Primaticcio, perché siamo appena agli albori della quadrumanizzazione.
* E il piuccheperfetto (fr. plus-que-parfait; sp. plusquamperfecto; ted. vorvergangenheit; ingl. pluperfect), poi? Quasi un secolo fa, il Devoto notava che «in latino esso indica un'azione non solo passata, ma già compiuta anteriormente ad altra azione passata: fecerat rispetto a fecit. Esso corrisponde esattamente in questo caso al nostro trapassato prossimo: aveva fatto rispetto a fece. In greco invece il piuccheperfetto sta al perfetto come l'imperfetto al presente, ma il piuccheperfetto si riferisce al passato, mentre il perfetto si riferisce al presente: edei "sapeva", oide "sa"; viderat "aveva visto", vidit "vide"».