C'è il meticcio spurio, alla Mario Tchou (di madre e padre entrambi cinesi, ma nato in Italia),* ed il meticcio canonico, alla Kalergi. Quest'ultimo, allergico com'era al concetto di patria, vagheggiava un mondo di apolidi simile a quello d'oggi.** Non a caso, infatti, il premio omonimo è stato recentemente assegnato prima a van Rompuy e poi alla Merkel, i paladini europei dell'immigrazione.

* Nobile figura, peraltro, cattolicissimo braccio destro del grande 'eporediese-puteolano' Olivetti. Si fa cenno alla religione perché una delle idee fisse dell'ateo è il taglio delle radici - siano queste paterne, patriottiche, patristiche o patriarcali - dal parricidio freudiano all'Emilio (nel quale si auspicava la soppressione lessicale del termine «patria») del Rousseau citato sotto.

** Invidia, schadenfreude, proiezione, freudolenza o manìa di prosecuzione che si voglia, nel presente caso consiste nel dire "meticcio io, meticcî tutti" (ovvero «muoia Sansone, ma con tutti i filistei»). Di schadenfreude abbiamo parlato anche qui.

L'ultimo dato ISTAT relativo all'occupazione segnala un notevole incremento degli ultrasessantenni inchiodati alla «postazione di lavoro» - a causa del rinvio dell'«età pensionabile» - ed un parallelo aumento dei giovani disoccupati. Sarà colpa anche della meccanizzazione produttiva, computer e robot sostituendo ormai egregiamente la manodopera? O dell'immigrazione, che comporta una manovalanza meno costosa? Chissà. Certo è che ai nostri figli, il cui posto di lavoro è occupato, se non dagli extracomunitarii, dai padri, non rimane che emigrare, come ai nostri nonni. Sarà colpa di un ciclo storico ricorrente (anche la Roma imperiale ospitando più neri che bianchi e, tra questi ultimi, più biondi che bruni) o dell'attuazione del progetto infernale che, da Rousseau a Marx fino a Kalergi, ci vuole senza patria, senza famiglia e perciò senza Dio?