Ad ogni esercente una professione purchessia (manager, donna manager o donna e basta, magari filippina) oggi viene fatta 'na capa tant' con le cosiddette «3E», cioè Efficacia, Efficienza ed Economicità. Sull'eleganza, ritenuta inefficace, inefficiente ed antieconomica, silenzio assoluto.
Non è un atteggiamento recentissimo, peraltro, se è vero il disagio provato da Confucio, al quale l'oracolo, interrogato su una questione della massima serietà, aveva seccamente risposto con il solo esagramma XXII, L'eleganza (), appunto.
Quanto precede è utile ad introdurre, di seguito, alcuni brani di Chuang Tze (o Zuanzì, come si dice oggi) tratti dall’omonimo testo sacro del taoismo, il cui sarcasmo nei confronti del meno esoterico Confucio ricorda il quasi contemporaneo disprezzo di Eraclito per Pitagora.

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  • Confucio vide un gobbo che acchiappava le cicale con la punta di una pertica, con la stessa facilità con cui le avrebbe raccolte in terra. "Qual è il vostro metodo per essere così abile?" gli chiese Confucio. "Mi sono esercitato - rispose il gobbo - a tenere in equilibrio sulla punta della pertica una palla sopra l’altra. Arrivato a sovrapporne cinque, acchiappo le cicale come se le cogliessi da terra. Tengo il corpo immobile come un tronco massiccio, le braccia inerti come un ramo secco e, pur nella molteplicità delle cose, non so che le cicale. Sono loro che si fanno acchiappare".
  • Il macellaio del principe smembrava un bue afferrando la bestia con le mani, spingendola con una spalla e sostenendola con le ginocchia. I piedi ben fermi al suolo, affondava il coltello con cadenza musicale. Interpellato dal principe sul modo in cui avesse raggiunto un tale grado di perfezione, rispose: "All’inizio della mia carriera, non vedevo che il bue. Dopo tre anni di pratica, non vedevo più il bue. Adesso è il mio spirito che mi guida, non i miei occhi. Conosco la conformazione del bue ed incido solo gli interstizi, senza intaccare vene, arterie, muscoli, nervi e, a maggior ragione, ossa. Il buon macellaio consuma un coltello all’anno, perché taglia la carne. Quello comune ne consuma uno al mese, perché lo rovina sulle ossa. Io ho usato lo stesso coltello per diciannove anni, smembrando migliaia di buoi, senza averlo mai dovuto affilare."
  • Il falegname aveva creato un capolavoro tale da sembrare l’opera di un dio. Alla richiesta di svelare i segreti della propria arte, rispondeva di non avere segreti. "Dopo tre giorni di mortificazione - aggiungeva - non penso più alle lodi, al compenso o all’onorificenza. Dopo cinque giorni, non penso più alle eventuali critiche. Dopo sette giorni mi scordo di avere un corpo. A questo punto mi reco nella foresta e comincio ad osservare gli alberi. Quando i miei occhi si posano su quello giusto ho la visione dell’opera e solo allora comincio a lavorare. Se il risultato sembra opera divina, è solo grazie alla perfetta conformità tra la mia natura e la natura dell’albero che mi si è offerto".
  • Confucio ammirava una cascata. Lo strapiombo era gigantesco e la schiuma sottostante ribolliva in un raggio di centinaia di metri, nel quale non avrebbero potuto sopravvivere né testuggini, né caimani, né pesci. Improvvisamente vide un vecchio che nuotava tra i gorghi. Pensandolo in difficoltà, ordinò ai suoi discepoli di seguirlo, lungo la riva, e, se possibile, di trarlo in salvo. Poco dopo il vecchio emerse dall’acqua, senza alcuno sforzo. Allo stupefatto Confucio, che l’aveva scambiato per uno spirito e che, scoprendolo umano, gli aveva chiesto lumi circa il suo metodo, rispose: "Non ho alcun metodo. È nella mia natura assecondare la forza dell’acqua ed obbedire alla sua volontà. Mi calo nella corrente e riaffioro nella corrente. Sono nato qui e qui ho sempre vissuto, crescendo in mezzo all’acqua. Nuoto senza sapere come".
  • Il calzolaio tagliava, sagomava e cuciva alla perfezione. La sua mano seguiva la forma delle cose senza che la sua mente, dimentica di pro e di contro, intervenisse. La sua anima, dimentica di ogni attaccamento, era tutt’uno con il suo spirito. Far dimenticare l’esistenza del piede, questa è la perfezione della scarpa. Far dimenticare l’esistenza del corpo, questa è la perfezione dell’anima.*
  • Se è in palio una tegola, tutti i giocatori saranno abili. Se è in palio una cintura di cuoio con la fibbia d’ottone, più d’uno mostrerà qualche esitazione. Se la posta della partita è un oggetto d’oro, tutti i contendenti sembreranno goffi ed impacciati. La loro abilità è sempre uguale, ma il desiderio di raggiungere l’obiettivo li rende inabili.
  • Il miglior spadaccino del sovrano di quella contrada non era mai stato sconfitto in duello. La sua tecnica consisteva nell’imitazione della foglia autunnale, ora sospinta da un refolo ed ora proiettata da una raffica dello stesso vento. Sarebbe stato disonorevole, per lui, interrompere la rappresentazione di una foglia, di volta in volta, d’acero, di noce, di pruno o di ciliegio, per menare un fendente magari risolutivo, ma non in tema con l’interpretazione in atto. Nonostante l’insistenza del sovrano, non volle mai aprire una scuola. “Non è possibile - diceva - insegnare a non voler vincere, senza perciò voler perdere; non è possibile insegnare a volere la volontà del vento”.
  • Un allevatore addestrava un gallo da combattimento. A chi gliene sollecitava la consegna, rispondeva: "No. L’uccello non è ancora pronto. È gonfio d’orgoglio e si mostra troppo sicuro di sé". Dieci giorni dopo, sollecitato di nuovo, rispondeva: "No. L’uccello reagisce agli altri galli come risponde l’eco o come segue l’ombra". Dieci giorni dopo, alla medesima richiesta, rispondeva: "No. L’uccello ha ancora lo sguardo vivace e il suo respiro è ancora possente". Finalmente, dopo altri dieci giorni, consegnò il gallo dicendo che l’uccello era pronto, perché non provava alcuna emozione al canto di un altro gallo e, a vederlo, lo si sarebbe detto un comune gallo da cortile. Nell’arena, nessun rivale osò affrontare quel gallo.
  • Se un ubriaco cade da un carro in corsa si produrrà qualche escoriazione, ma non morirà. Le sue articolazioni sono identiche a quelle di qualsiasi altro uomo, ma il colpo che ucciderebbe qualsiasi altro uomo non è letale, per lui. Ciò perché il suo corpo non è sotto il controllo della ragione e il timore della morte non penetra nella sua coscienza. Se il vino salva la vita a chi gli si consegna, come potrebbe il Cielo non fare altrettanto?
  • Lo spazio che si espande lungo i sei punti cardinali, benché immenso, è contenuto nell'Uno. La lanugine autunnale, benché minuscola, contiene l'Uno.
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* Il paragone tra l'anima e la scarpa può sembrare poco calzante, questa essendo un contenitore [del piede] e quella un contenuto, per chi ci creda, del corpo. Ma la visione tradizionale di una pluralità di anime permette di considerare anima, per esempio, anche il cosiddetto «corpo astrale», ovvero uno degli strati dell'invisibile cipolla umana. L'ultimo aforisma di Chuang Tze, qui sopra, apparentemente non in tema con quanto precede, allude a ciò.