Le due fasi di ogni esperienza umana, vita compresa, si apprezzano meglio in bicicletta, nel superare un dosso, cioè pedalando in salita e frenando in discesa. La linea retta può servire per una rappresentazione parziale, paragonabile ad un tratto pianeggiante del giro in bicicletta, ma nella sua interezza, dall'inizio alla fine, l'andamento di qualsiasi fenomeno dev'essere descritto con una curva, una cunetta, un montarozzo, un semicerchio per metà crescente e per metà calante.

Come l'inspirazione e l'espirazione, come il levare e il battere, come l'alba e il tramonto, come lo sbocciare e lo sfiorire, così la primavera e l'autunno - nella loro struggente bellezza - ci ricordano la legge inesorabile del divenire perpetuo, prima in crescere e poi in calare.
Pedalando in salita, dicevamo. Pompando, cioè mettendocela tutta, «adelante con juicio», arraffando il più possibile (nei limiti del possibile), inebriandoci di quella spettacolosa materia di cui è fatto l'Universo. E rallentando in discesa, sempre con discrezione, senza forzare, un po' alla volta, ad imitazione delle due fasi, regolari e simmetriche, della respirazione (il che giustifica la grande importanza data al controllo di questa funzione corporale, in tutte le prassi ascetiche della tradizione, dallo yoga all'esicasmo).

Ad esser pedanti, peccare significa strafare. Se l'alba rappresenta il successo (la bellezza, il denaro, l'amore, la salute e tante altre cose desiderabili), il viale del tramonto ne è l'inevitabile rovescio, rovescio non accettare il quale comporta - per esempio - il lifting della vecchia ed il body building del vecchio. A non parlare dell'ennesimo trapianto cardiaco dell'ultranovantenne, talché si direbbe che il rischio di strafare pertenga più al senex che al puer,* più al nonno che al nipote.


* Non a caso la sapienza antica attribuisce a Saturno (vuoi il dio, vuoi il pianeta) nelle quattro età la vecchiaia, nei sette vizii l'avarizia e nei cinque metalli il piombo. In una parola, accumulazione (basti pensare al moderno accumulatore al piombo). In altre parole, tesaurizzazione, mancata accettazione dell'ineluttabilità del declino delle cose, ovvero tentativo disperato di non mollare la presa. E rifiuto di lasciare il posto alle nuove generazioni (strafottendosene dell'inquinamento, del disboscamento e della desertificazione di un pianeta che i nostri nonni avevano ricevuto dai loro bisnonni come nuovo).

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"Se lo scienziato volge lo sguardo dallo stato presente dell’universo all’avvenire, sia pure lontanissimo, si vede costretto a riscontrare, nel macrocosmo come nel microcosmo, l’invecchiare del mondo. Nel corso di miliardi di anni, anche le quantità di nuclei atomici apparentemente inesauribili perdono energia utilizzabile, e la materia si avvicina, per parlare figuratamente, ad un vulcano spento".

È Pio XII (in un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze dell'ormai lontano 22 novembre 1951, per il quale si ringrazia il sito Radio Spada) a parlare così, ammonendo noi vecchi decrepiti a non perder tempo nel tentativo di imbalsamarci,
di congelarci o anche solo di farci sostituire i pezzi malfunzionanti.