L'atteggiamento più deprimente della storiografia contemporanea è nel dar per scontato che l'essere umano d'oggi sia lo stesso essere umano di ieri e dell'altro ieri, come se secoli e secoli di lavaggio del cervello e d'infrollimento del cuore esistano solo nella mente bacata di qualche «complottista».
Non è così. L'uomo del '700 era fisiologicamente diverso da quello attuale, ben più di quanto quello del '300 lo fosse rispetto a lui. Stante la prodigiosa standardizzazione operata dai media, si può addirittura affermare che l'uomo dei primi del '900 differisca più da noi che dall'uomo medioevale.* Ci son voluti millenni per indebolire, ad esempio, la memoria (prima con la scrittura e poi con la stampa). Ma sono bastati pochi secoli per far svaporare il coraggio, la dignità, l'abnegazione, la lealtà e la fede (sia quella alla parola data che quella in Dio). Un personaggio come Attilio Regolo, che avrebbe potuto felicemente morire di vecchiaia in quel di Roma, anziché tornare a Cartagine per affrontare una morte orribile, è costituzionalmente più vicino all'uomo di mezzo secolo fa che a quello d'oggi.
Certo, se uno vede il passato al cinema o in televisione non capirà mai come ci siamo ridotti (anche perché i cosiddetti «intellettuali», in cambio d'una pagnotta, si prodigano nell'esaltazione delle magnifiche sorti e progressive).

* Un esempio fra i tanti è quello di Giuseppe Peano (1858 - 1932), che impartiva lezioni di matematica in latino. Era un latino semplificato, certo; lui era un eccentrico, certo; eppure ...

Parliamo d'altro, 'ché - come dicono i leccesi - matassaru d'ossu (o "amarum satis mihi os"). Fino ad ieri era pacifico l'assioma secondo il quale ad ogni carattere corrisponde una specifica azione educativa. Senza dilungarci, chiediamoci solo quanti di noi oggi siano disposti a sottomettersi agli ordini di un padre spirituale, un maestro, un precettore, un aio qualsiasi. La dieta, quella sì, la vogliamo personalizzata. Ma l'educazione, intanto è roba vecchia e poi, perbacco, non siamo tutti uguali? In occidente ognuno è precettore a se stesso, tutti pastori e nessun gregge. Proprio in quest'occidente che mai ha visto un gregge di dimensioni simili a quelle odierne.
Come si vede, oltre al senso dell'onore s'è perso anche lo spirito d'umiltà, un corollario del quale è l'obbedienza su cui si reggeva l'intera piramide gerarchica tradizionale. È per questo che, tornando al discorso iniziale, non ha senso mettere a paragone la società di ieri con quella d'oggi, il feudalesimo col capitalismo o la monarchia tradizionale con la democrazia moderna.* Equivale a porre sullo stesso piano la salute e la malattia.

* Circa le tanto strombazzate democrazie pre-settecentesche, da quella ateniese a quelle nostrane dei comuni medioevali o delle repubbliche marinare, va detto che si trattava di pure e semplici oligarchie. Si pensi che i votanti, nell'Atene dell'epoca, rappresentavano una sparuta minoranza (escludente le donne, gli schiavi e chiunque non fosse in grado di equipaggiarsi per la guerra). Inoltre, anche a non voler considerare le differenze fisiologiche tra il nobile di ieri e l'ignobile d'oggi (ovvero tra l'uomo d'onore e l'uomo del disonore), basta porsi la seguente domanda. Chi si prende più cura dello Stato, un re che deve trasmetterlo al proprio figlio ed al proprio nipote o un tizio assunto con contratto a tempo determinato?
Una risposta la si può trovare anche qui.