I nephilim (נפילים), οι δε γιγαντες. Chi erano costoro?
Figli delle nuvole, nipoti degli dei,* giganti, titani, ciclopi? La Bibbia (Gen. VI, 1-4) li chiama "gli eroi dell'antichità" e li fa figli "dei figli di Dio e delle figlie degli uomini". Il Libro di Enoch precisa che i "figli di Dio" (bene ha'Elohim) "fanno peccato e trasgrediscono la Legge e si sono uniti con le donne e commettono peccato con loro e tra loro hanno preso mogli, generando figli" (106, 13-17).


* "Nipote" è nephew, in inglese. E così "nuvola" è nephele, in greco, quasi che la nube, nubile com'è, sia solo "da sposare" (nubenda, in latino). D'altra parte il passo biblico sopra citato traduce Elohim con "Dio", sebbene il termine, in ebraico, sia il plurale di Eloha (Allah, in arabo). E se questi dei non fossero altro che i venti, come un Eolo qualsiasi (vedi), fatti apposta per portarsi a spasso le nuvole?

Sembra insomma che i nephilim (neflym, in ebraico, ovvero i "caduti", i "morti") siano i nostri grandi antenati, figli di semidei, nipoti degli dei e pertanto d'origine divina, come noi.* L'unico dubbio genealogico, semmai, riguarda la natura di quei bene ha'Elohim (o - forse meglio - b’nai elohim): angeli, demoni, spiriti, arconti, folletti? Angeli ‘caduti’? Chissà. Certo è che si tratta di creature sovrumane di non facile classificazione, perché a) se l'uomo è il giusto mezzo della scala che va dall'infraumano al sovrumano, b) se la varietà delle creature che occupano la metà calante - quella visibile - di detta scala è a dir poco vertiginosa, c) quanti saranno coloro che si trovano lungo la metà ascendente ed invisibile?

* Come noi? Eppure, le "figlie degli uomini" evidentemente c'erano già, prima dei "giganti". Quindi, delle due l'una: o qualche goccia di «sangue blu» scorre nelle vene di ben pochi di noi o le "figlie degli uomini", per quanto "belle", erano scimmie.

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Nelle righe precedenti s'è esplicitato più d'un problema. Adesso, visto che il nostro pianeta è capace di ospitare incredibili forme di vita umana, come attestato da più parti, per esempio da Plinio (citato qui),* da Diodoro siculo (qui) e da Solino, parliamo di quelli impliciti.
1 - Definendo l'uomo il giusto mezzo della scala che va dall'infraumano al sovrumano, abbiamo diviso questa scala in una metà discendente ed in una ascendente. Il rapportare l'intera Creazione (o Manifestazione) a tale scala fa 'sì che questa proceda dalla manifestazione più materiale (cioè dotata di forma crassa) a quella più spirituale (cioè dotata di forma sottile o addirittura priva di forma), l'uomo essendo in effetti un quid bilanciato - ma non perciò in equilibrio - tra materia (o carne) e spirito. Ora, poiché in un post dedicato alla croce [e alla clessidra] abbiamo posto l'animale sullo stesso piano dell'umano, il che non è possibile per il vegetale ed a maggior ragione per il minerale, dove si colloca un'entità non corporea, ma maligna? Dopo il minerale? Dopo il massimo della solidità e della pesantezza?
2 - Se i "giganti" (ma, a rigore, ghigantes, cioè “terrestri”) sono da identificare con gli asura indù e i titani greci, perché Atlante è rimasto in terra ed Orione (che certa fantascienza propone ad origine dei nostri progenitori) è finito in cielo?
3 - Può darsi che tra latino, greco, aramaico e copto si sia fatta un po’ di confusione, su questi nephilim nati da "figlie degli uomini", dal momento che uno dei tanti attributi di Gesù è «figlio dell'uomo». Inoltre questi “giganti”, benché prediluviani, come mai li ritroviamo anche in Numeri (XIII, 33), con la stessa statura gigantesca? Del resto, sempre la Genesi (VI, 4) precisa che queste creature mitico-leggendarie c'erano in diebus illis et etiam postquam.
Ed ancora, il "dio geloso" della tradizione ebraica è uno degli elohim (quasi un angelo etnarca) o YHWH?


* Tra i nostri simili [?] più bizzarri figuravano gli astomi ("senza bocca"), descritti da Megastene e - sulla scorta di quest'ultimo - da Plinio. Vivevano letteralmente d'aria, purché aromatica. Ne tratta anche la Wikipedia, ricordando che il Petrarca, innamorato com'era dei profumi, allude ben due volte a chi "vive sol d'odore" (Canzoniere, 191 e 207). Del resto l'olfatto, che la cosmologia vedica assegna alla terra (e non all'aria, come potremmo pensare, alla quale è invece collegato il tatto, il senso cioè della pelle tutta e non del solo naso), esige un approccio poetico, più che filosofico. Men che meno, 'scientifico'. Basti pensare alle implicazioni ascetiche della respirazione, sia orientali che occidentali (queste oggi limitate all'esicasmo). Ascetiche, quindi spirituali: dall'ispirazione all'aspirazione, dalla spirale allo spiraglio, dal sospirare allo spirare [d'una leggera brezza o d'un povero diavolo] ...