Mirco
è nome d'origine slava, come indica la più frequente grafia Mirko. Stando colà mir per "pace", Mirco significa "pacifico". Marco invece, marziale, è più bellicoso. Analogamente, i prefissi micro e macro, anagrammi di Mirco e Marco, valgono "piccolo" e "grande".
Mercurio, in astrologia, è il piccolo (il minore,* l'ultimogenito); nell'ermetismo, il grande (anzi, il "tre volte grande", trismegisto).


* Sarebbe divertente, ma ci porterebbe troppo "lontano" (merh'aq, in ebraico), dipingere il cristianesimo come mercuriale, rispetto al giudaismo. Anche perché l'Islam sarebbe, in tal caso, ancora più mercuriale (quest'ultima fede avendo perciò sviluppato una minuziosa casistica - come s'è detto altrove - circa la distinzione tra commercio ed usura).

In assenza di spiegazioni migliori, si suole far risalire Mercurio a "merce" (merx, in latino), donde "mercato" (market, vermarkten, marktplatz), "merciaio" (krämer), "mercimonio" e forse "meretricio". Premettiamo quest'avverbio perché alla girandola linguistica potrebbero partecipare anche il greco mèiromai ("partecipare", sia al nominativo - "far parte" - che all'accusativo, come "render partecipe") ed il latino merère ("meritare", "guadagnare"). D'altronde, sempre in greco, merikèuo significa "divido" e merikà equivale a "frammento", "spicchio", "porzione". Tuttavia il richiamo alla prostituzione sottintende un'implicita svalutazione della mercatura,* tant'è che B. d'Ausser Berrau scrive: «Mercurio ha una sveltezza e un'astuzia che lo rendono estraneo all'ethos indoeuropeo, sicché anche il commercio, in tale ambito linguistico, è un traffico senza nome, privo cioè di una specificità che lo distingua dall'acquisto e dalla vendita; quindi merx non ha etimi latini indiscussi. Essi sono invece reperibili nel mondo semitico, precisamente nell’ebraico makhar ("vendere"), meh'ir ("prezzo") e nell’accadico makurru ("bene", "possesso" e pertanto "merce")».
In effetti, tra storia e favola, mercante e cammello sono inseparabili - non a caso l'arabo mehari designando il veloce dromedario - quasi che il triconsonantico MRK (o MRH) sia il 'marchio' specifico di Mercurio-Ermes,** divinità doppia per definizione e triviale per elezione. Doppia, perché il pianeta si trova solitario ("ermo", direbbe il poeta) nel segno doppio dei Gemelli e raddoppiato nel segno singolo della Vergine (per domicilio e per esaltazione). Triviale perché è il reggente l'augusto trivio delle arti liberali ed il meno augusto trivio dei crocicchii.


* Nella pagina della Wikipedia dedicata a Mercurio si può leggere un bel passo di Tito Livio, illustrante sia il disprezzo popolare verso la relativa 'corporazione' (comprendente - oltre ai commercianti - i viaggiatori, gli indovini, gli imbroglioni, i ladri, ecc.) che la tradizionale consuetudine, oggi defunta, di affidare le decisioni su questioni controverse alla volontà della maggioranza [delle teste pensanti].

** Si può notare come la trascrizione Hermes, peraltro più corretta, per via dello spirito iniziale, contenga il trigramma HRM (di un risvolto del quale s'è parlato qui). Inoltre - per tornare a Mirco e come si può leggere nella pagina dell'Enciclopedia Treccani intitolata a Mercurio - in alcuni graffiti neoetruschi quest'ultimo diventa Mirqurios.

Così il mercurio (l'«argento vivo» degli antichi) è medicina e veleno, metallo liquido e pesante, se freddo, ma aereo e volatile, se caldo. Così l'alato pastorello arcadico protegge i furfanti, ma - in quanto psicopompo - accompagna le nostre anime verso l'aldilà. Così l'inventore della lira (o cetra, sebbene 'lira' si presti meglio al doppio senso) viene raffigurato sia col caduceo che col borsellino dei denari (crumena) e così la mercuriale ermeneutica può rivelarsi null'altro che "zavorra" (erma, in greco). Un esempio di quest'ultima possibilità è il lemma macchariya, che, in pali, sta per "avarizia", "sordidezza". In inglese è miserliness, laddove la differenza con misery ("miseria", "povertà") mostra il divario tra chi vive poveramente - nonostante il materasso imbottito di soldi - e chi povero lo è davvero. Ora, di Mercurio si può dir tutto, tranne che sia avaro. Che non sia prodigo, è pur vero (il concetto di 'dispendio' - sul quale ci siamo soffermati altrove - essendo di natura solare), ma certamente non trattiene per sé il ricavato dello scambio, foss'anche il bottino del furto. Perché ciò accada è necessaria una forte presenza di Saturno, con pesanti valori di terra (soprattutto capricorniani). La cosa dimostra una volta ancora quanto indagare etimologicamente su una radice (ovvero ammucchiare 'fatti' su 'fatti'), senza un'idea portante, possa rivelarsi esercizio maccheronico e basta. MKR, di nuovo.

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Il simbolo è sempre duplice, necessariamente, dovendo condensare in una sola idea le manifestazioni esistenziali di un aspetto divino. E tutto ciò che pertiene al creato, decorrendo dal Due, non può - tranne che allo sguardo dell'illuminato - mostrarsi come Uno.
Ma in Mercurio la duplicità, se non la doppiezza, diventa quasi parossistica (come suggerito qui).
Ad esempio, prima abbiamo contrapposto Marco a Mirco (come macro a micro o come maior a minus), suggerendo un'affinità tra il «fratello maggiore» ebreo ed il cristiano, minore e perciò mercuriale. Una sorta di conferma a questa ipotesi è il cognome, tipicamente ebreo, Meier (Mayer, Meir e simili), che in tedesco sta per "sovrintendente" (oberaufseher) o "gestore" (bewirtschafter), “termine col quale nei feudi tedeschi - spiega ancora d'Ausser Berrau - si designava il fattore, l’amministratore della proprietà, che era quasi sempre un ebreo”. Ora, meier (meiger in alto tedesco) è dal latino maior, da cui il nostro "maggiore" (che recupera la g di magis); se si pensa inoltre che “grande” è mahâ, in sanscrito, ecco riapparire il trittico MRH da cui derivano micro e macro (ma - evidentemente - non Mirco e Marco), prefissi semanticamente opposti ed etimologicamente simili.
Quanto sopra perché la valenza emblematica del dio (e del pianeta, considerato astrologicamente) è lo scambio, uno scambio visto non tanto come do ut des, ma come do et des. Uno scambio fine a se stesso, insomma, diverso sia dal baratto che dalla compravendita ed alieno da qualsiasi parametro di valutazione. Uno scambio 'infantile', per così dire. Giocoso.
Tuttavia, visto che ai mercuriali Gemelli competono i due polmoni ed il duplice processo respiratorio, consistente in inspirazione [d'aria nuova, fresca] ed espirazione [d'aria vecchia, stantìa] e che alla mercuriale Vergine spettano i due intestini e le rispettive fasi finali della digestione, si potrebbe far presente che tale scambio implica un tornaconto, per l'individuo che prende l'utile e lascia l'inutile. A livello sovraindividuale, però, non è così: gli scarti dell'animale (nel primo caso, anidride; nel secondo, feci) sono preziosi per il vegetale, quella per la fotosintesi, queste per la concimazione. Ed anche tra animali, se si è carnivori, ci si nutre dei rifiuti altrui, cioè delle carogne - o dei cadaveri, se si preferisce - crude o cotte.
Inoltre, per rifarsi alla già altrove richiamata coincidentia oppositorum, Mercurio non può non mostrarsi ad un tempo maschile e femminile, androgino
, ovvero ermafrodita, brutto e dispettoso come un nano, uno gnomo o un coboldo ed insieme "bello" (hermoso, in spagnolo) e "benedetto" (makàrios, in greco) come un angelo. Così una delle perle del cristianesimo ortodosso, la Filocalia (o l'amore del bello), ci viene offerta da Macario di Corinto. Inoltre, ancora, sempre intorno al Monte Athos e nell'ambito dei polmoni geminiani, è noto come il controllo della respirazione sia uno dei cardini dell'esicasmo.

oOo

Tra la sorgente e la foce d'un corso d'acqua (ruscello, torrente o fiume che sia) linguistico c'è sempre una più o meno ampia differenza. Tra le parole veicolate lungo il tragitto, alcune a denominazione d'origine controllata, conformi cioè al bi o trilittero iniziale, altre di provenienza sospetta, si possono pescare pepite d'oro, bottiglie di plastica, vetruzzi colorati, carpe carpende e luccichìo di luccii.
Tra coloro che vi si avventurano c'è chi si lascia attrarre dalla bellezza, chi è mosso dalla fame, chi spera in un possibile lucro, chi è spinto dalla mera curiosità, chi agisce nella consapevolezza della necessità [del contemporaneo trovarsi lì sia del soggetto cercante che dell'oggetto cercato] e chi nella certezza del caso.
Unicuique suum.
Ciò premesso, per tornare a Mercurio, si dà la possibilità di un utilizzo 'basso' delle peculiarità del dio-pianeta, consistente nella visione
a fini economico-finanziarii - e quindi nello sfruttamento - del circostante (inteso come ambiente umano, animale e vegetale) e di un utilizzo 'alto', cioè non dettato dall'obiettivo del profitto, ovvero non banalmente egoistico, miope, mercificabile. A proposito di merce, l'assonanza con un nome quale 'Marx' può venir giudicata (in entrambi i casi, a ragione) sia casuale che necessaria.

Infine, qualche esorbitante spunto di riflessione tra l'astro ed il mitologico, a sua volta in bilico tra il somatico e lo psichico.

  • Al Mercurio geminiano, animale araldico del quale è la scimmia, si attribuiscono gli arti superiori (braccia e perciò mani): fretta e superficialità - così frequenti nel mondo d'oggi - ne sono la logica, deteriore conseguenza. Al Mercurio virgineo, privo di collegamenti all'esterno, compete invece l'elaborazione interiore [del cibo materiale e spirituale], che può riflettersi nelle ben note caratteristiche oroscopiche di timidezza, riserbo, igienismo, analiticità e scrupolosa, lenta metodicità. Come possa quest'ultima dote virginea conciliarsi con la superficiale fretta geminiana è cosa comprensibile solo attraverso la metafora della lente d'ingrandimento (microscopio o telescopio che si voglia) del «piccolo».
  • Il colore dei Gemelli è il giallo, per l'esattezza il giallo cromo. A prescindere dai sopra citati crumena e krämer, si dà il caso che krâmati, in sanscrito, come to cross in inglese, significhi "attraversare", "incrociare", "fare il segno della croce". La liberazione post mortem, o krama-mukti, è "la sola che possa venir presa in considerazione - sostiene R. Guénon, in L'Uomo ed il suo divenire secondo il Vedânta - dalla stragrande maggioranza degli esseri umani".
  • Una delle valenze della terza casa zodiacale, virtualmente geminiana, è lo scambio epistolare, ovvero la corrispondenza. In effetti, ad Ermes il mito riconosce l'invenzione della scrittura,* espediente che, oltre a sopperire all'indebolimento della memoria, avvicina chi è lontano (nel tempo come nello spazio). Dopo aver aggiunto che la corrispondenza recapitataci dal divino messaggero riguarda anche il «lontano» per antonomasia, il «domani» obbligato, insomma l'oltretomba, si chiarisce anche il motivo dei due significati del termine mercede (o mercé): ricompensa e misericordia (mercy, in inglese), entrambe di provenienza celeste.
  • Sul conto dello scanzonato bricconcello che inventò la "cetra" (la kítharis omerica) ed il flauto (siringa o zampogna che fosse) non si tramandano malefatte a danno degli esseri umani. Certo la mormorata tresca con Penelope, che farebbe di Pan il fratello di Telemaco, se vera, rappresenterebbe un bel cruccio, per Ulisse-Odisseo. D'altra parte quest'ultimo ne è nipote, di Mercurio-Ermes, ed un nonno così giovanile, per quanto 'fetente', non lo si può criticare. Comunque sia, per tornare all'anghelos tōn theōn, il postino celeste è proprio intermediario [tra noi e gli dei], sta sempre in mezzo, come un mercoledi. 
  • Un intermediario, oltre a permettere la comunicazione tra due entità, ne significa anche i rispettivi confini. Erma, infatti, a rigor di termini è un sasso (o un cumulo di sassi) posto a marcare, rimarcare e demarcare i limiti di uno spazio (o di un tempo, come il landmark massonico). Analogamente, il titolare di un marchio è "marchese", in senso nobiliare e no, in senso visivo ed olfattivo (il fetido e diabolico zolfo - come abbiamo già notato - essendo thèion, in greco).

    * Mito egizio, per la precisione, trattandosi di Thot (venerato soprattutto nella città nota in greco come ‘Eρμοû πόλις ed in latino come Mercurii oppidum
    ). In merito alla denominazione ed alle competenze del Mercurio pre-ellenico e pre-semitico, oltre al paleoetrusco Turms (il cui operato sembra di natura esclusivamente oltremondana), si può citare il gallico Moccus (in irlandese muc, in gallese moch - come si vede nella pagina della Wikipedia a lui intitolata - e in bretone moc'h), il cui nome, presso i celti, significando "cinghiale", simboleggia la prima casta. Anche qui, pertanto, avendo il dio nord-europeo funzioni di tramite sacerdotale (o di 'ponte' sciamanico) tra l'umano e il sovrumano, si può tracciare una demarcazione tra l'ambito semitico, più mercantile, e quello 'ariano' dei primi romani e dei greci nordici (dei quali s'è già detto, qua e là). Effettivamente, in quello che si suole chiamare «ciclo bretone», Merlino (Myrddin) presenta più d'una faccia. Quanto qui ci interessa, peraltro, riguarda i suoi appellativi: caledonensis (come il cinghiale del mito greco) ed emrys, ovvero "saggio", che è più o meno l'anagramma di ermes.

Nell'ottica schiettamente mercuriale del cambiamento, aggettivi connessi al quale sono «nuovo» e - come si diceva - «lontano», si può proporre anche l'America, continente in verità né nuovo, né lontano, ma che tale appare nell'immaginario del «vecchio mondo». Bene, nonostante l'ingannevole privativo della a iniziale e ad onta dei presumibili eponimi (Americus Vespucius di Colombo o Richard Ameryk di Caboto), a noi pare che proprio lì l'ermetico stigma MRK abbia - come suol dirsi - «trovato l'America». E non tanto per colpa degli Stati Uniti, quanto per colpa della nostra "mercanzia" (mimkar, in ebraico), ciascuno di noi con la sua brava "carretta" (merkava, ancora in ebraico).